3. Struttura del reato
LA STRUTTURA DEL REATO
E’ definito reato, qualsiasi azione, commessa con volontà colpevole, per cui la legge applica una sanzione penale. Il reato, da un punto di vista formale e giuridico, è quel fatto giuridico volontario illecito al quale l'ordinamento ricollega, come conseguenza, una sanzione penale (ergastolo, reclusione, arresto, multa e ammenda)
Il sistema penale si basa sul principio di legalità formale (art. 1 c.p.), che trova tre espresse articolazioni:
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Principio di riserva di legge: Qualsiasi comportamento per costituire reato deve essere previsto dalla legge e qualsiasi condotta per costituire reato, deve corrispondere alla descrizione legale, contenuta nella norma incriminatrice.
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Principio di tassatività: Sta ad indicare la necessità di una precisa formulazione della fattispecie tipica, che specifichi ciò che è penalmente lecito o illecito.
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Principio di irretroattività: Nessuno può essere punito per un fatto che non fosse previsto come reato, nel momento in cui fu commesso.
I reati si distinguono in delitti (ergastolo, reclusione e multa) e contravvenzioni (arresto e ammenda) secondo la diversa specie delle pene per essi stabiliti dal codice penale.
L'analisi della struttura del reato ha condotto alla formazione di due diverse concezioni:
- Teoria bipartita: secondo questa teoria il reato si compone di:
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elemento oggettivo (tipicità). Sono ricondotti tutti i dati fenomenici con i quali si manifesta il reato e cioè il comportamento umano e le sue conseguenze; quindi rappresenta il fatto materiale in tutti i suoi elementi costitutivi, quali la condotta, l'evento e il rapporto di causalità tra condotta ed evento;
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elemento soggettivo (colpevolezza). Si ricollegano gli aspetti attinenti alla sfera morale dell'agente, alla sua adesione psicologica e volontaria rispetto al fatto oggettivamente mostratosi come illecito; esprime il diverso atteggiarsi della volontà del soggetto nelle forme del dolo, della colpa o della preterintenzione.
- Teoria tripartita: secondo questa teoria il reato si compone di:
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fatto tipico (tipicità). E' da intendersi restrittivamente, cioè come fatto materiale comprensivo dei soli requisiti oggettivi, quali la condotta, l'evento e il nesso causale; il fatto costituente reato è cristallizzato in una norma che ne descrive in maniera precisa i contorni e l'ambito applicativo;
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antigiuridicità. Costituita dalla contrarietà del comportamento non solo alla norma penale incriminatrice (c.d. norma di divieto), ma a tutto l'ordinamento non essendovi altre norme che giustificano detta condotta (c.d. norma permissiva);
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colpevolezza. Rappresenta la volontà riprorevole del soggetto agente nelle sue due forme del dolo e della colpa
L’OGGETTO DEL REATO
La nozione di oggetto del reato può intendersi in senso materiale e giuridico:
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oggetto materiale: è l’entità fisica su cui ricade materialmente la condotta criminosa e può essere sia una cosa che una persona.
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oggetto giuridico: è il bene-interesse tutelato dalla norma incriminatrice e che viene conseguentemente offeso dal reato (ad esempio, la norma che punisce l’omicidio tutela il bene giuridico della vita; la norma che punisce il furto, tutela il bene giuridico del patrimonio, ecc.).
In relazione al bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice si distinguono:
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reati monoffensivi: per l’esistenza dei quali è necessaria e sufficiente l’offesa di un solo bene giuridico;
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reati plurioffensivi: i quali offendono più beni giuridici;
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reati di offesa: implicano l’effettiva lesione del bene interesse tutelato dalla norma incriminatrice;
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reati di pericolo: richiedono che detto bene interesse sia esposto solamente a pericolo (concreto od offensivo, astratto o presunto);
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reati ostacolo: si incrina non l’offesa di un bene giuridico, ma la realizzazione di certe situazioni che lo Stato ha interesse a che non si realizzino.
Il danno civile è il danno risarcibile ex art. 2043 c.c.. Vi può essere un reato senza danno civile, ma mai un reato senza danno penale o criminale, cioè senza offesa ad un bene giuridico.
I SOGGETTI DEL REATO
- Soggetto Attivo: è chi realizza il fatto tipico, ovvero chi pone in essere il comportamento costituente reato. Tutte le persone fisiche possono essere soggetti attivi, in quanto ogni persona ha la capacità penale senza distinzione di età, sesso o altre condizioni soggettive. Ne consegue che l’età, le situazioni di anomalia psico-fisica e le immunità non escludono l’illiceità penale, ma sono rilevanti solo ai fini dell’applicabilità della pena.
A seconda del soggetto che compie il reato, si distingue:
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reati comuni: possono essere commessi da chiunque;
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reati propri: possono essere compiuti solo da soggetti che hanno determinate qualifiche (c.d. intraneus).
I reati propri a loro volta sono esclusivi, quando il fatto costituisce reato esclusivamente quando è commesso dall’intraneus e non esclusivi, quando il fatto che costituisce comunque reato, se viene commesso dall’intraneus muta titolo (ad esempio, appropriazione indebita commessa da P.U. diviene peculato).
In base al numero di partecipanti alla commissione del reato, si distingue tra reato plurisoggettivo, in cui la norma incriminatrice richiede la presenza di più persone (ad esempio, la rissa) e monosoggettivo, che non richiede tale pluralità di soggetti.
- Soggetto Passivo: è la persona titolare del bene o interesse tutelato dalla norma penale incriminatrice e leso dal reato. Può essere sia una persona fisica che una persona giuridica. Dal soggetto passivo deve distinguersi la figura del danneggiato, che è colui al quale spettano le istanze di risarcimento correlate al reato stesso. (ad esempio, nel caso di omicidio, danneggiati saranno i parenti).
In base al soggetto passivo, i reati si distinguono in plurioffensivi quando ledono o pongono in pericolo più beni diversi con conseguente pluralità di soggetti passivi (ad esempio, la calunnia offende Stato e persona falsamente incolpata), vaganti quando offendono un numero indeterminato di individui (ad esempio, la strage), reati senza vittime, in cui non è facile individuare un bene giuridico (ad esempio, la moralità pubblica).
RESPONSABILITA’ PENALE DEGLI ENTI
Il soggetto attivo del reato può essere soltanto una persona fisica, in quanto nel nostro ordinamento non è ammessa la responsabilità penale degli enti.
La non configurabilità di una responsabilità penale nelle persone giuridiche viene desunta dall’art. 27 della Costituzione, ovvero il principio costituzionale della personalità della responsabilità penale.
Vista l’irresponsabilità dell’ente, la giurisprudenza ha elaborato alcuni criteri, alla luce dei quali i soggetti penalmente responsabili possono essere o il soggetto che ha la rappresentanza dell’ente o il soggetto che esercita le funzioni che normalmente sono inerenti alla qualità di imprenditore (ad esempio, l'amministratore).
Per quanto riguarda l’efficacia liberatoria della delega, parte della dottrina libera da responsabilità il delegante, rendendo soggetto del reato il delegato, altra parte della dottrina rende responsabile il delegante ex art. 40 c.p. in quanto non può spogliarsi dei doveri sanciti dalla legge penale. Vi sono varie condizioni che possano avere efficacia liberatoria per l’imprenditore o amministratore a condizione che:
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l’impresa sia di notevoli dimensioni, tali da non consentire un unico controllo diretto, che i compiti delegati non gravino esclusivamente sul titolare;
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che la persona delegata sia abile ad assolvere i compiti assegnati;
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che il delegato abbia autonomia gestionale;
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che il delegante abbia compiuto ciò che la legge poneva a suo carico;
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che l’attribuzione dei poteri sia debitamente pubblicizzata e che vi sia l’esistenza della delega esclusiva.
RESPONSABILITA’ DEGLI ENTI PER ILLECITI DIPENDENTI DA REATO (D.Lgs. n. 231/2001)
Il decreto legislativo n. 231/2001 regola la responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi; la norma precisa che l’ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse e a suo vantaggio da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione, nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso, oltre che da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti appena indicati.
Anche per l’ente vale il principio di legalità formale e il sistema sanzionatorio preposto dal decreto, prevede le seguenti sanzioni: pecuniaria, interdittiva, la confisca e la pubblicazione della sentenza.
Le sanzioni interdittive sono l’interdizione dell’esercizio nell’attività, la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito, il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, l’esclusione di agevolazioni, finanziamenti, contributi, sussidi e la revoca di quelli già ottenuti.
Per l’illecito amministrativo dipendente da reato si applica sempre la sanzione pecuniaria, applicata per quote, il cui numero è determinato dal giudice in base alla gravità del fatto. La sanzione pecuniaria è ridotta se vi è il tentativo; quando l’ente è responsabile in relazione ad una pluralità di reati commessi con un’unica azione od omissione, si applica la sanzione pecuniaria prevista per l’illecito più grave aumentata fino al triplo, anche se tale cifra non può superare la somma delle sanzioni applicabili per ciascun illecito.
RESPONSABILITA’ PER I FATTI COSTITUENTI REATO COMMESSI DA ANIMALI
Rientrano nel caso fortuito, i fatti costituenti reato commessi da animali selvatici o randagi, non ne risponderà nessuno, nemmeno lo Stato proprietario della fauna selvatica. Per quanto riguarda gli animali custoditi da un soggetto, questi ne risponderà a titolo di dolo se li ha aizzati o indotti volontariamente a commettere il fatto, a titolo di colpa per violazione del dovere di diligenza nel controllo, se tale induzione o aizzamento è mancato.
IL REATO CONTRAVVENZIONALE
Le contravvenzioni si distinguono dai delitti in base alla pensa stabilita dalla legge, che per tali reati è l’arresto e l’ammenda. Sotto il profilo oggettivo vi sono le contravvenzioni mediante azione, mediante omissione e commissive mediante omissione. Nelle contravvenzioni, ciascuno risponde delle proprie azioni e delle proprie omissioni, siano esse dolose o colpose. Vi sono dottrine contrastanti in merito alle contravvenzioni, minoritaria è quella che ritiene che per la punibilità non è richiesto ne dolo ne colpa, essendo sufficiente la mera coscienza e volontà della condotte, mentre la dottrina dominante ritiene la necessità almeno della colpa.