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8. Reati omissivi

IL REATO OMISSIVO

Contrapposto all’azione è l’omissione che viene definita anche comportamento negativo ovvero azione in senso negativo. Per aversi omissione occorre che il soggetto abbia l’effettiva capacità di compiere l’azione richiestagli.

Si distingue tra reati omissivi propri (reato di pura condotta), quelli per la cui sussistenza è necessaria e sufficiente la semplice condotta negativa del reo e reati commissivi mediante omissione (reato di evento), nei quali il soggetto deve aver causato, con la propria omissione, un dato evento.

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REATO OMISSIVO PROPRIO

Il precetto impone un determinato obbligo di attivarsi e il mancato compimento dell’azione dovuta, costituisce omissione e quindi reato. Per la sussistenza è necessario che il soggetto abbia la possibilità materiale di attivarsi, la quale viene meno qualora manchino le attitudini psico-fisiche ovvero le condizioni indispensabili per attivarsi. Ne deriva l’esclusione del reato tutte le volte in cui il soggetto abbia compiuto un serio sforzo di adempiere all’obbligo di agire.

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REATO COMMISSIVO MEDIANTE OMISSIONE (C.D. OMISSIVO IMPROPRIO)

Disciplinato dal secondo comma dell’art. 40 c.p., che equipara agli effetti giuridici il non impedire al cagionare, ha come elementi soggettivi: 

  • la situazione tipica, intesa come il complesso dei presupposti che determinano una situazione di pericolo per il bene protetto e fanno quindi sorgere l’obbligo di attivarsi;

  • la condotta omissiva, consistente nel mancato impedimento dell’evento lesivo e l’evento non impedito.

L’art. 40 ha una funzione estensiva, nel senso che combinandosi con le norme di parte speciale che prevedono ipotesi di reato commissivo, estende la punibilità al caso in cui l’evento sia stato cagionato da un'omissione. I reati commissivi non convertibili in reati omissivi propri sono quelli di mano propria, quelli abituali e quelli per i quali la norma incriminatrice tipizza già con riferimento ad una condotta omissiva.

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LE FONTI DELL’OBBLIGO DI IMPEDIRE UN EVENTO

L’obbligo di impedire un dato evento deriva dalla legge, dal contratto, dall’ordine dell’Autorità Giudiziaria, dalla precedente attività, pericolosa ma lecita, svolta dal soggetto, dalla consuetudine e dalla volontaria assunzione. Un'altra dottrina di pensiero ha affermato la teoria sostanziale della posizione di garanzia, attribuendo a determinati soggetti la funzione di garanti di determinati interessi che non possono essere protetti dai loro titolari, vi è quindi la posizione di protezione che ha lo scopo di preservare determinati interessi e la posizione di controllo che ha lo scopo di neutralizzare determinate fonti di pericolo.

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POSIZIONI DI GARANZIA

Le posizioni di garanzia si sostanziano in obblighi di protezione e sorgono da un rapporto di famiglia: genitori tenuti a garantire la vita e l’incolumità dei figli e viceversa, obbligo di reciproca assistenza tra coniugi (art. 143 c.c.), una stretta relazione comunitaria, conviventi o confratelli, una assunzione volontaria o consensuale, espressa o tacita di un tale obbligo.

Obblighi di controllo di una determinata fonte di pericolo sorgono da un potere di disposizione o di organizzazione, relativamente a cose o situazioni potenzialmente pericolose che si verifichino nella sua sfera di signoria, da un rapporto di educazione, istruzione, cura e custodia (ad esempio, i maestri) e da una assunzione volontaria o consensuale (ad esempio, il bagnino risponderà della morte bagnante solo se già in servizio al momento dell’annegamento).

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LA CAUSALITA’ NEI REATI OMISSIVI
La causalità non si pone nei reati omissivi propri in quanto manca l’evento naturalistico, mentre in quelli impropri non è possibile riscontrare un rapporto di causalità, in quanto finisce col configurarsi in una struttura probabilistica, dovendosi valutare se l’azione dovuta, se compiuta, in che modo avrebbe modificato il corso degli eventi.

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STRUTTURA OGGETTIVA E SUITAS NEL REATO OMISIVO COLPOSO

Nei reati omissivi propri, la violazione della regola di diligenza può riferirsi già al mancato riconoscimento della situazione tipica che si poteva in concreto riconoscere, nei reati commissivi mediante omissione si discute se l’obbligo di garanzia e quello di diligenza coincidano o meno. Nel reato omissivo, la coscienza e volontà non va riferita all’omissione ma al comportamento che il soggetto ha tenuto nel momento in cui doveva adempiere all’obbligo, se tale comportamento è cosciente e volontario, lo sarà anche l’omissione.

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ELEMENTO SOGGETTIVO NEI REATI OMISSIVI

Nei reati omissivi propri, poiché ricorra il dolo occorre che il soggetto abbia la conoscenza dei presupposti dell’obbligo di attivarsi e la consapevolezza della possibilità di agire nel senso richiesto dalla norma. L’ignoranza della norma penale che impone l’obbligo di attivarsi rileverà, ai sensi dell’art. 5 c.p., l’errore che sarà scusabile ed escluderà il dolo solo quando sarà inevitabile. Quanto alla colpa, la negligenza, l’imprudenza e l’imperizia possono avere ad oggetto sia il mancato riconoscimento della situazione tipica da cui nasce l’obbligo di attivarsi sia la scelta dell’azione doverosa.

Nei reati commissivi mediante omissione, il dolo deve comprendere anche la conoscenza dell’obbligo giuridico extrapenale di impedire l’evento tipico. Quanto alla colpa si ritiene che anche se dovere di diligenza e obbligo di impedire l’evento coincidono, le due entità vanno distinte per poter valutare la loro portata.

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