13. Patologia dell'atto amministrativo
PATOLOGIA E VIZI DELL’ATTO AMMINISTRATIVO
Si considera vizio dell’atto amministrativo la divergenza tra la fattispecie in concreto, posta in essere dalla P.A., ed il modello astratto predeterminato in sede normativa. In diritto amministrativo la fattispecie in concreto deve essere conforme alle norme di legge ed alle regole di opportunità. I vizi possono essere di legittimità (atto che si discosta da quanto disposto dalle norme) o di merito (atto non rispondente alle regole di buona amministrazione).
STATI PATOLOGICI DELL’ATTO AMMINISTRATIVO
L’atto può essere:
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invalido quando difetti o sia viziato uno degli elementi prescritti, ovvero quando vi sia lesione dell’interesse concreto tutelato dalla norma violata; a seconda della gravità dei vizi l’atto può essere nullo (mancanza di un elemento essenziale) o annullabile (adottato in violazione di legge).
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irregolare quando presenta un vizio per il quale la legge non commina conseguenze negative per l’atto stesso ma solo delle sanzioni amministrative a carico dell’agente.
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imperfetto quando non sia concluso il suo ciclo di formazione.
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inefficace quando, benché perfetto, non è idoneo a produrre effetti giuridici, in quanto sono inesistenti i requisiti di efficacia richiesti.
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ineseguibile quando diventa inefficace per il sopravvenire di un atto ostativo.
INVALIDITA’ DELL’ATTO
E’ invalido quando è difforme dalla legge che lo disciplina; se la norma è giuridica, vi sarà vizio di legittimità e quindi l’atto sarà illegittimo, se la norma rientra tra quelle di buona amministrazione, vi sarà vizio di merito e l’atto sarà inopportuno.
LA NULLITA’
Il provvedimento amministrativo prevede la nullità quando manca degli elementi essenziali, quando è viziato da difetto assoluto di attribuzione o adottato in violazione o elusione del giudicato. Gli elementi essenziali sono:
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la qualità di P.A. in capo al soggetto che emette il provvedimento;
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l’individuazione del soggetto o dell’oggetto nei cui confronti il provvedimento ha effetti;
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l’esistenza di una norma attributiva del potere alla P.A. procedente;
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la volontà della P.A di adottare l’atto e la forma, laddove prevista dalla legge.
La giurisdizione in tema di nullità spetta al giudice amministrativo e le conseguenze della nullità sull’atto sono l’inesistenza giuridica, l’inesecutorietà, l’inannullabilità e l’insanabilità.
L’ILLEGITTIMITA’
L’atto amministrativo che presenti vizi di legittimità, che incidono sugli elementi essenziali di esso, è illegittimo e come tale annullabile. L’azione di annullamento è disciplinata per violazione di legge, eccesso di potere e incompetenza. L’atto annullabile è immediatamente efficace, ma è suscettibile di essere rimosso con una pronuncia costitutiva del giudice amministrativo. E’ illegittimo l’atto che presentando un vizio sugli elementi essenziali, risulta difforme dalla normativa che disciplina la sua validità; illecito non sarà mai un atto, bensì un comportamento al quale la legge ricollega una responsabilità e una sanzione per l’autore.
La violazione delle norme che disciplinano la sfera di attribuzione di un dato organo, da luogo all’incompetenza assoluta (quando l’atto adottato dalla P.A. è inerente a materia riservata ad altro potere dello Stato) o incompetenza relativa (quando un organo amministrativo invade la sfera di competenza di un altro organo appartenente allo stesso settore amministrativo).
Per potersi configurare eccesso di potere occorre invece un potere discrezionale della P.A., uno sviamento di tale potere e la prova dello sviamento. Tra le figure più rilevanti di eccesso di potere vi sono:
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il travisamento ed erronea valutazione dei fatti (P.A. ritiene esistente un fatto inesistente);
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la contraddittorietà tra più atti (atti contrastanti tra loro);
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l’ingiustizia manifesta (si pensi per scarso rendimento ad impiegato infortunato sul lavoro);
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la disparità di trattamento (provvedimenti diversi per identiche situazioni).
La violazione di legge è una figura residuale, comprensiva di tutti gli altri vizi di legittimità che non configurino ne incompetenza relativa ne eccesso di potere. I casi di violazione di legge possono essere:
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i vizi di forma (inosservanza delle regole prescritte per la manifestazione di volontà);
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il difetto di motivazione o motivazione insufficiente;
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l’inosservanza delle disposizioni relative alla valida costituzione dei collegi;
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il contenuto illegittimo;
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il difetto di presupposti legali e la violazione dei criteri di economicità, efficacia, imparzialità, pubblicità e trasparenza dell’azione amministrativa.
L’esistenza di un vizio di legittimità comporta che l’atto è giuridicamente esistente, è efficace ed esecutorio, finché non venga annullato. L’annullamento avviene solo a seguito di un provvedimento dell’autorità amministrativa o di una sentenza del giudice amministrativo. L’atto annullabile può essere sanato, ratificato o convertito in un atto valido.
I VIZI DI MERITO
Non sono suscettibili di classificazione; il fondamento di tali vizi non risiede nella contrarietà dell’atto a norme giuridiche, ma nella violazione del principio di buona amministrazione. Possono invalidare solo gli atti discrezionali e consistono nella violazione da parte della P.A. di norme non giuridiche di opportunità, di equità, di eticità e di economicità.
GLI ATTI DI RITIRO
Il nostro ordinamento prevede una serie di rimedi contro gli atti illegittimi e/o inopportuni. L’atto viziato può essere oggetto:
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di una sentenza del giudice amministrativo che annulli l’atto su ricorso giurisdizionale dell’interessato;
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di una decisione dell’autorità amministrativa che annulli l’atto su ricorso amministrativo dell’interessato;
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di un atto amministrativo, adottato d’ufficio dalla P.A. che ritiri l’atto viziato (c.d. atto di ritiro). Gli atti di ritiro sono quei provvedimenti amministrativi a contenuto negativo, emanati in base ad un riesame dell’atto compiuto nell’esercizio del medesimo potere amministrativo, esercitato con l’emanazione dell’atto, al fine di eliminare l’atto viziato. Gli atti di ritiro sono discrezionali, esecutori, formali, motivati obbligatoriamente e provvedimenti recettizi.
L’ANNULLAMENTO D’UFFICIO
E’ un provvedimento amministrativo di secondo grado con il quale viene ritirato con efficacia retroattiva (ex tunc, ossia dalla data della sua emanazione) un atto amministrativo illegittimo, per la presenza di vizi di legittimità originari dell’atto.
LA REVOCA
E un provvedimento amministrativo di secondo grado con cui la P.A. ritira con efficacia non retroattiva (ex nunc) un atto inficiato da vizi di merito, in base ad una nuova valutazione delle ragioni di convenienza ed opportunità, per le quali l’atto fu emanato. La revoca determina l’inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti e l’obbligo di provvedere all’indennizzo degli eventuali pregiudizi verificatisi in danno di soggetti direttamente interessati.
Esistono due tipi di revoca:
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l’autorevoca (dall’autorità che ha emanato l’atto);
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la revoca gerarchica (dall’autorità gerarchicamente superiore).
L’esercizio del potere di revoca presuppone una mancanza attuale di rispondenza dell’atto alle esigenze pubbliche e l’esistenza di un interesse pubblico, concreto ed attuale all’eliminazione dell’atto inopportuno.
L’ABROGAZIONE
E’ un atto di ritiro che si attua per il sopravvenire di nuove circostanze di fatto che rendono l’atto non più rispondente al pubblico interesse. Gli atti suscettibili di abrogazione sono gli stessi che possono essere revocati; gli effetti si producono ex nunc.
LA PRONUNCIA DI DECADENZA
E’ un atto di ritiro con efficacia ex nunc che la P.A. utilizza nei confronti di precedenti atti ampliativi delle facoltà dei privati in caso di:
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inadempimento degli obblighi o degli onere incombenti sui destinatari;
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mancato esercizio da parte degli stessi delle facoltà derivanti dall’atto amministrativo;
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venir meno di requisiti necessari per la costituzione e la continuazione del rapporto.
IL MERO RITIRO
E’ un atto di ritiro che si esplica nei confronti di atti non ancora efficaci. Perché possa farsi luogo al ritiro è sufficiente l’accertamento di illegittimità o inopportunità dell’atto.
LA SANATORIA DELL’ATTO AMMINISTRATIVO
L’atto che non sia radicalmente nullo ma solo annullabile, può essere sanato con una successiva manifestazione di volontà della P.A.; al riguardo si distinguono convalescenza e conservazione.
Nella convalescenza, che tende direttamente ad eliminare il vizio che inficia l’atto, rientrano le figure:
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della convalida (procedimento con cui vengono eliminati i vizi di legittimità di un atto, precedentemente emanato dalla stessa autorità);
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della ratifica (provvedimento con cui viene eliminato il vizio di incompetenza relativa, da parte dell’autorità astrattamente competente);
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della sanatoria (atti invalidi o per mancanza si presupposto di legittimità o per il mancato compimento di un atto preparatorio del procedimento).
La conservazione tende a rendere l’atto, nonostante la sua invalidità, inattaccabile da parte dei soggetti destinatari con ricorsi amministrativi o giurisdizionali. Le ipotesi sono:
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la consolidazione (conservazione oggettiva che dipende dal decorso del tempo, entro il quale l’interessato avrebbe dovuto presentare ricorso);
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l’acquiescenza (causa di conservazione soggettiva, che dipende da un comportamento con cui il soggetto privato dimostra di essere d’accordo con l’operato della P.A. e si preclude la possibilità di impugnare l’atto);
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la conversione (considera un atto invalido come appartenente ad un altro tipo, valido, di cui esso presenta in requisiti di forma e sostanza);
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la conferma (manifestazione di volontà con cui l’autorità ribadisce una sua precedente determinazione).