6. Le misure cautelari
LE MISURE CAUTELARI
Le misure cautelari sono provvedimenti adottati dall’Autorità Giudiziaria sia nel corso delle indagini preliminari che nella fase processuale, caratterizzati dalla finalità cautelare, ovvero allo scopo di difendere valori socialmente rilevanti. Presentano i seguenti caratteri comuni:
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il rispetto della riserva di legge;
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carattere tassativo delle misure;
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tipicità delle misure;
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finalità cautelare;
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applicazione da parte del giudice;
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discrezionalità tecnica nell’adozione delle misure (quando il P.M. chiede l’applicazione di una misura cautelare, il giudice deve tenere conto di tutti i parametri previsti dalla legge).
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MISURE CAUTELARI PERSONALI
Limitano la libertà personale, possono essere :
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coercitive (sopprimono o limitano la libertà personale), quindi:
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custodiali: arresti domiciliari (art. 284 c.p.p.), custodia in carcere (art. 285 c.p.p.), custodia in luogo di cura (art. 286 c.p.p.);
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non custodiali: divieto di espatrio (art. 281 c.p.p.), obbligo di presentazione alla P.G. (art. 282 c.p.p.), allontanamento dalla casa familiare (art. 282bis c.p.p.), divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 282ter c.p.p.), divieto e obbligo di dimora (art. 283 c.p.p.)
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interdittive (diritti e facoltà personali), quindi: sospensione della potestà di genitore (art. 288 c.p.p.), sospensione da un pubblico ufficio o servizio (art. 289 c.p.p.), in questo caso il GIP deve prima procedere ad interrogatorio, divieto di esercitare determinate attività (art. 290 c.p.p.).
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MISURE CAUTELARI REALI
Sono provvedimenti che incidono sul patrimonio, hanno finalità cautelari riferibili o alla garanzia per il pagamento delle pene pecuniarie, spese di giustizia ed eventuali risarcimenti danni (ossia il sequestro conservativo, artt. 316-320 c.p.p.), ovvero all’esigenza di impedire la commissione di nuovi reati o ulteriori conseguenze a quelli già commessi (ossia il sequestro preventivo, artt. 321-323 c.p.p.). Tali misure vanno richieste al giudice da parte del P.M., per esse è previsto un sistema di impugnazioni e non sono condizionate ai presupposti dei gravi indizi e delle esigenze cautelari.
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CONDIZIONI PER L’APPLICAZIONE
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Limite edittale della pena: delitti, pena dell’ergastolo o della reclusione superiore al massimo a 3 anni per le misure coercitive diverse dalla custodia cautelare in carcere e per le misure interdittive, pena della reclusione non inferiore nel massimo a 4 anni per la custodia cautelare in carcere.
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Gravi indizi di colpevolezza.
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Esigenze cautelari (art. 274 c.p.p.): devono essere specifiche ed inderogabili, relative ad un pericolo di inquinamento probatorio ed attuale, fondate su circostanze, espressamente indicate nel provvedimento, pena nullità, in questo caso la custodia cautelare non può avere durata superiore ai 30 giorni ed è prorogabile fino a un massimo di 90 giorni. Se vi è fuga o pericolo di fuga, quando la pena applicabile in concreto superi i due anni di reclusione, oppure per gravi delitti con uso delle armi o altri mezzi di violenza personale, contro ordine costituzionale, criminalità organizzata.
I criteri sono stabiliti dalla legge sul giusto processo (L. n.63/2001), quando gli indizi derivano dalle dichiarazioni rese da un coimputato o da un imputato in procedimento connesso o collegato, le dichiarazioni per la loro attendibilità necessitano di riscontri estrinseci, non sono utilizzabili le testimonianze indirette, se non viene indicata la persona da cui si è appresa la notizia, non sono utilizzabili le notizie ricevute da informatori di P.G., quando costoro non siano stati ascoltati, non sono utilizzabili le intercettazioni acquisite illegalmente
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CRITERI DI SCELTA DELLE MISURE CAUTELARI
Il giudice adotterà la misura cautelare opportuna, secondo i principi di adeguatezza (rispetto alle esigenze cautelari) e di proporzionalità (rispetto all’entità del fatto e alla sanzione applicabile) e di obbligatorietà della custodia cautelare, nel caso di criminalità organizzata, omicidio volontario, prostituzione o pornografia minorile.
Non può disporsi la custodia cautelare in carcere di donna incinta, madre di prole inferiore a 3 anni con lei convivente, padre se la madre è deceduta o impossibilitata a dare assistenza alla prole, ultrasettantenne.
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VALUTAZIONE DELLE ESIGENZE CAUTELARI DOPO LA SENTENZA DI PRIMO GRADO
La L. n.128/2001 (c.d. pacchetto sicurezza), ha ampliato la facoltà del giudice di valutazione delle esigenze cautelari, dopo la sentenza di condanna di primo grado, valutando la sussistenza del pericolo di fuga e del pericolo di reiterazione di condotte criminose. Contestualmente alla condanna in appello, l’adozione della misura cautelare è obbligatoria se ricorrono esigenze cautelari, se la condanna riguarda un delitto per il quale è previsto l’arresto obbligatorio e se la persona sia stata condannata nei 5 anni precedenti per un delitto della stessa indole.
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APPLICAZIONE ED ESTINZIONE DELLE MISURE CAUTELARI
L’applicazione della misura avviene con provvedimento del giudice, su richiesta del P.M. L’art. 291 comma 1 c.p.p., prevede che il P.M. debba trasmettere al giudice, unitamente alla richiesta di applicazione di una misura cautelare, non solo gli elementi che sono a fondamento di essa, ma anche quelli a favore dell’imputato, le eventuali deduzioni e memorie difensive già depositate.
All’esecuzione dell’ordinanza dovrà seguire l’interrogatorio della persona interessata, tale interrogatorio (c.d. di garanzia), è condotto dal giudice e vi è l’obbligo della presenza del difensore di fiducia o d’ufficio e deve intervenire nel termine di dieci giorni, salvo si tratti di custodia cautelare il termine sarà di 5 giorni, salvo che il P.M. non chieda sia fatto entro 48 ore per evitare pregiudizio alle esigenze investigative. L’obbligo dell’interrogatorio sussiste sia nella fase delle indagini preliminari (ad opera del G.I.P.), sia quando l’adozione della misura venga eseguito dopo l’esercizio dell’azione penale fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento. Le misure possono essere revocate o modificate, dal giudice quando vengano meno o mutino le esigenze che le hanno determinate.
L’interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare da parte del P.M. (c.d. interrogatorio investigativo) non potrà mai precedere l’interrogatorio di garanzia.
Nel caso di mancata esecuzione per irreperibilità della persona da sottoporre alla misura cautelare, l’art. 295 c.p.p. prevede che a seguito di verbale di vane ricerche, il giudice dichiari la latitanza del soggetto, quando la misura sia di tipo coercitivo, ma non necessariamente custodiale. Le notifiche al latitante si effettuano presso il legale d’ufficio o di fiducia.
CUSTODIA CAUTELARE – TERMINI MASSIMI
La durata dei termini massimi (art. 303 c.p.p.) è modellata secondo lo stadio procedimentale e la gravità del delitto per cui si procede, ed entrambi concorrono a determinare la durata massima della custodia cautelare. In ordine allo stadio procedimentale, sono individuati un termine di fase, che determina la durata massima per ogni segmento del processo e un termine omnicomprensivo, correlato all’intero procedimento. Per le modalità di calcolo dei termini massimi di custodia, la legge fa riferimento alla pena edittale, quella prevista in astratto dal reato, se concorrono più circostanze aggravanti, la pena edittale è aumentata di un terzo.
Quando i termini di custodia cautelare fanno riferimento alla pena irrogata con la condanna, allorché sia stata pronunciata per un reato continuato, per pena inflitta deve intendersi la pena dell’intero reato continuato. In ordine all’inizio di decorrenza del termine, si calcola a partire dal giorno dell’esecuzione della misura ovvero dal giorno della notifica di essa.
Se l’imputato è colpito da una pluralità di misure cautelari, vi sarà un’unica carcerazione con il termine di durata, commisurato per il più grave dei reati contestatigli, con decorrenza dalla prima contestazione (c.d. retrodatazione).
Se a causa di annullamento, il processo subisce una regressione da una fase all’altra, ricominciano a decorrere ex novo i termini di custodia di quella fase, la misura perde efficacia quando la custodia patita supera del doppio il termine della fase (devono sommarsi il tempo di custodia della nuova fase e che quello patito precedentemente).
Il decorso dei termini di sospensione può arrestarsi nel caso in cui sopravvengano cause di sospensione, previste dall’art. 304 c.p.p., il periodo di carcerazione preventiva non può superare il doppio del termine di fase.
La L. n.4/2001, per porre argine al pericolo di scarcerazione per decorrenza termini, ha previsto che i termini della fase di dibattimento di primo grado, possono essere aumentati fino a 6 mesi. La custodia preventiva non può superare un termine massimo complessivo, graduato secondo la gravità del reato, ed è di anni due (pena non superiore massimo a 6 anni), quattro (pena superiore massimo a 6 anni ed inferiore a 20 anni) o sei (pena superiore a 6 anni e non superiore a 20 anni).
Una volta decorsi i termini massimi di custodia cautelare, la misura cautelare perde efficacia e l’imputato deve essere liberato. Permanendo le esigenze cautelari, il codice consente di applicare altre misure coercitive non detentive.
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TERMINI MASSIMI DI MISURE DIVERSE DALLA CUSTODIA CAUTELARE
Le misure interdittive perdono efficacia decorsi 6 mesi dall’inizio della loro esecuzione, qualora siano disposte per esigenze probatorie, il giudice può disporne la rinnovazione, anche oltre 6 mesi dall’inizio dell’esecuzione. La loro efficacia viene meno se dall’inizio della loro esecuzione è decorso un tempo pari al triplo dei termini previsti dall’art. 303 c.p.p.
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LE IMPUGNAZIONI DELLE MISURE CAUTELARI PERSONALI
Avverso l’ordinanza che applica le misure, oltre il ricorso per cassazione è previsto il duplice rimedio del riesame (può richiedersi dall’imputato o dal suo difensore, avverso l’applicazione per la prima volta di una misura coercitiva) e dell’appello (può essere proposto dal P.M. in caso di rigetto della sua richiesta di misura cautelare personale, dall’imputato e dal suo difensore in caso di applicazione di una misura interdittiva, ovvero di rigetto di richiesta di revoca, modifica o sostituzione di una misura).
L’organo decidente è il Tribunale del riesame, per il riesame la decisione deve intervenire nei 10 dieci giorni dalla ricezione degli atti, altrimenti la misura perde efficacia e l’imputato deve essere liberato per l’appello entro 20 giorni, in caso di inosservanza non è prevista alcuna conseguenza. Il tribunale competente è quello del luogo nel quale ha sede la Corte d’Appello nella cui circoscrizione è ricompreso l’ufficio del giudice che ha emesso l’ordinanza.