4. Le fonti del diritto
LE FONTI DEL DIRITTO
Sono tutti gli atti o i fatti dal quale traggono origine le norme giuridiche.
Le fonti di produzione, rappresentano lo strumento tecnico predisposto o riconosciuto dall’ordinamento che serve a creare le norme giuridiche; si suddividono in:
-
fonti fatto (fonti non scritte, determinate da fatti sociali o naturali considerati idonei a produrre diritti);
-
fonti atto (atti normativi posti in essere da organi o enti, nell’esercizio di poteri ad essi attribuiti dall’ordinamento).
Le fonti sulla produzione, costituiscono le norme che determinano gli organi e le procedure di formazione del diritto.
Le fonti di cognizione, sono i strumenti attraverso i quali è possibile conoscere le fonti di produzione, tra queste bisogna distinguere le forme di pubblicazione necessarie (precedono e condizionano l’entrata in vigore di una fonte di diritto) e non necessarie (svolgono mera funzione pubblicitaria o di conoscenza).
Le antinomie sono i contrasti che si creano tra le norme che disciplinano una medesima fattispecie, in maniera differente. L’ordinamento stabilisce l’applicazione di una serie di criteri per individuare l’unica norma da applicare al caso concreto: quando due norme confliggenti sono poste da fonti dello stesso tipo, il criterio applicato per eliminare le antinomie è quello cronologico, in base al quale non si applica la norma precedente, perché ritenuta abrogata, ma quella successiva. L’abrogazione può essere:
-
espressa (legislatore specifica la norma da abrogare);
-
tacita (la disciplina successiva è incompatibile con la precedente);
-
innominata (legislatore prevede abrogazione ma non specifica norma).
Il criterio cronologico non trova applicazione se la norma precedente ha carattere speciale o eccezionale, difatti quando le norme provengono da fonti differenti si usa il criterio gerarchico, per cui le norme provenienti da rango inferiore sono soggette ad annullamento e sono invalide. In alcuni casi, la fonte suprema può riservare ad alcune fonti di rango inferiore la regolamentazione di determinate materie, in questo caso si applica il criterio di competenza.
​
CLASSIFICAZIONI DELLE FONTI
Le fonti dell’U.E. (vale a dire i trattati, i regolamenti, le direttive e le decisioni), la Costituzione e le leggi costituzionali si pongono al vertice della piramide delle fonti di diritto riconosciute dal nostro ordinamento; nelle fonti dell’ordinamento statale vi rientrano le leggi ordinarie, gli atti aventi forza di legge, i regolamenti governativi e ministeriali, le fonti regionali (il riferimento è agli statuti regionali), le fonti locali (ovvero gli statuti comunali) e le fonti internazionali (ovvero quelle recepite nell’ordinamento costituzionale italiano in virtù dell’appartenenza del nostro paese alla Comunità internazionale).
​
LA COSTITUZIONE
E’ il complesso di principi e norme di comportamento, effettivamente regolanti la società statale in un dato momento storico ed è un documento solenne contenente i principi e le norme di organizzazione dello Stato a prescindere dall’effettiva applicazione degli stessi.
La nostra Costituzione è scritta (consacrata in un testo scritto e redatto in forma solenne), votata (adottata da un organo democraticamente eletto), rigida in senso forte (la modifica avviene con procedimento aggravato e c’è il controllo di legittimità costituzionale) e lunga (contiene i principi ispiratori dell’azione dei pubblici poteri).
Per leggi di revisione si intendono quelle che incidono sul testo costituzionale, modificando o abrogando le disposizioni in esso contenute. Per altre leggi costituzionali si intendono quelle definite come tali dalla Costituzione, quelle che si limitano a derogare una norma costituzionale, senza modificarla in via definitiva e tutte le altre leggi che il Parlamento voglia applicare con procedimento aggravato (ad esempio, esame più ponderato, ricorso a maggioranza qualificata, possibilità di referendum).
​
LE FONTI DELL’UNIONE EUROPEA
Le istituzioni europee sono abilitate ad emanare regolamenti, direttive e decisioni, in particolare:
-
il regolamento ha portata generale, è obbligatorio ed applicabile in ciascuno degli Stati membri,
-
le direttive vincolano lo Stato membro cui sono rivolte per quanto riguarda il risultato da raggiungere,
-
le decisioni sono obbligatorie in tutti gli elementi per i destinatari da esse designati.
La legge comunitaria garantisce l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’U.E. e disciplina il processo di formazione della posizione italiana nella fase di predisposizione degli atti dell’U.E.
​
LE LEGGI ORDINARIE
Si intendono gli atti deliberati dal Parlamento secondo il procedimento disciplinato dagli artt. 70 e ss. della Costituzione e dai regolamenti parlamentari. La legge è idonea a modificare o abrogare qualsivoglia disposizione vigente, eccetto quelle di rango costituzionale, può essere sottoposta a referendum e a controllo di conformità alla Costituzione.
Per leggi in senso formale si intendono quegli atti deliberati dalle due camere o da altri organi cui è attribuita la funzione legislativa, per leggi in senso materiale sono gli atti a contenuto normativo, indipendentemente dagli organi che li pongono in essere.
La Costituzione e le altre leggi costituzionali possono riservare determinate materie alla legge e in legislatore non può consentire a fonti di rango secondario di intervenire nella disciplina di queste materie e deve regolare i settori da disciplinare, si ha quindi riserva di legge quando una norma costituzionale riserva alla legge la disciplina di una determinata materia, escludendo il potere regolamentare del governo; va garantito il principio di legalità, ovvero assicurare un uso regolamentato e non arbitrario del potere e il principio di irretroattività.
​
QUALITA’ E SEMPLIFICAZIONE NORMATIVA
Per garantire la certezza del diritto e la qualità dei testi normativi, è stato istituito il Comitato per la legislazione, che opera con particolare riguardo ad omogeneità, chiarezza e semplicità sui progetti di legge.
​
GLI ATTI AVENTI FORZA DI LEGGE
La funzione legislativa è attribuita al Parlamento, ma esistono dei casi in cui materie richiedono una specializzazione tecnica ed un insieme di conoscenze specialistiche che i parlamentari non posseggono; in questo caso è giustificata l’emanazione di atti normativi di rango primario, anche da parte del Governo. Questi atti hanno la capacità di abrogare norme di legge e di resistere all’abrogazione da parte di fonti di rango inferiore (c.d. atti aventi forza di legge).
​
I DECRETI LEGISLATIVI O DELEGATI
Sono atti aventi forza di legge, emessi dal Governo sulla base di una legge-delega del Parlamento e devono contenere i principi e i caratteri direttivi ai quali il governo deve attenersi, il limite di tempo entro il quale il governo deve legiferare e l’oggetto definito dal decreto. Vengono posti dei limiti generali, la delega è esclusa per materie che devono essere disciplinate con legge costituzionale e non può essere delegato al Governo il compito di approvare o convertire atti del governo medesimo.
​
I DECRETI LEGGE
Sono provvedimenti provvisori con forza di legge che possono essere adottati dal Governo in casi straordinari di necessità ed urgenza; sono deliberati dal Consiglio dei Ministri ed emanati con decreto del Presidente della Repubblica. Sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale ed entrano in vigore il giorno della pubblicazione. L’art. 77 Cost. prevede che i decreti legge devono essere presentati alle camere per la conversione in legge il giorno stesso della loro pubblicazione. La conversione dei decreti in legge deve avvenire entro 60 giorni, altrimenti il decreto perde efficacia ex tunc (sin dall’inizio). Il controllo per i presupposti della decretazione d’urgenza possono essere fatti dal Presidente della Repubblica in sede di emanazione del decreto, da parte del Parlamento o dalla Corte Costituzionale.
​
​
TESTI UNICI E CODICI
I Testi Unici sono atti che raccolgono e coordinano disposizioni originariamente comprese in atti diversi, per semplificare il quadro normativo. Possono essere normativi se modificano o abrogano le disposizioni legislative esistenti o compilativi se si limitano al raccoglimento in un unico atto di norme già esistenti, lasciando immutata la legislazione vigente. Vi sono poi i Testi Misti che coordinano disposizioni di fonte primaria e raccolgono disposizioni di rango secondario.
​
​
IL REFERENDUM
E’ la richiesta fatta al corpo elettorale di pronunciarsi in prima persona su una norma giuridica già emanata o da emanarsi. E’ il più importante istituto di democrazia diretta, in quanto l’intervento del popolo è richiesto in maniera diretta.
Il referendum costituzionale è previsto per le leggi di revisione della costituzione e le altre leggi costituzionali, il referendum abrogativo (sancito dall’art. 75 Cost. su richiesta di 500mila elettori o di 5 consigli regionali) è previsto per le leggi ordinarie dello Stato e per le leggi regionali, territoriale, per le modificazioni territoriali di Regioni, comuni e province, il referendum consultivo, su questioni di particolare interesse regionale o locale. E' invece indetto referendum popolare per deliberare l’abrogazione totale o parziale di una legge o di un atto avente valore di legge.
Non possono essere sottoposte a referendum leggi di bilancio, di amnistia ed indulto e di ratifica dei trattati internazionali. Il referendum è indetto dal Presidente della Repubblica con decreto su proposta motivata del Consiglio dei Ministri dopo la raccolta di firme, il deposito delle sottoscrizioni e il controllo di legittimità da parte dell’Ufficio centrale presso la Cassazione e il controllo di legittimità costituzionale da parte della Corte Costituzionale. Il referendum ha la stessa efficacia della legge formale
​
I REGOLAMENTI DEGLI ORGANI COSTITUZIONALI
I regolamenti parlamentari sono fonti del diritto dotati di efficacia sostanziale propria delle fonti normative e subordinati solo alla Costituzione, le cui disposizioni eseguono ed attuano. Non sono soggetti al sindacato della Corte Costituzionale, alle Camere è riconosciuta l’indipendenza nei confronti di ogni altro potere, per questo motivo deve ritenersi precluso ogni sindacato degli atti di autonomia normativa. Nel dettaglio:
-
La Corte Costituzionale ha il potere di emanare un regolamento che disciplini l’esercizio delle sue funzioni, vi è inoltre la disposizione di norme integrative per i giudizi e un Regolamento Generale che concerne l’organizzazione interna della Corte.
-
Il Presidente della Repubblica può disciplinare con un regolamento interno sia i servizi di presidenza che gli uffici, cui spettano compiti connessi direttamente all’esercizio delle funzioni del Capo di Stato. Tali regolamenti sono adottati con decreti presidenziali senza controfirma.
-
Il regolamento interno del Consiglio dei Ministri appare di difficile classificazione, in dottrina si dubita sulla sua natura di fonte di diritto, in quanto contiene norme che non trovano applicazione al di fuori di esso.
​
LE FONTI SECONDARIE
Comprendono tutti gli atti di espressione del potere normativo della P.A. statale o di altri enti pubblici e sono atti formalmente amministrativi che non possono derogare ne contrastare con le norme costituzionali e con tutti gli atti legislativi ordinari.
​
I REGOLAMENTI
Sono atti sostanzialmente legislativi, capaci di innovare l’ordinamento giuridico ma formalmente amministrativi, in quanto emanati dal potere esecutivo. Sono definiti fonti secondarie del diritto, in quanto la normativa che essi pongono in essere è subordinata a quella emanata dalle c.d. fonti primarie.
I regolamenti governativi, il cui procedimento prevede che il Consiglio di Stato deve pronunciarsi entro 90 giorni e che possono essere emanati regolamenti per disciplinare l’esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi, l’attuazione e l’integrazione delle leggi, le materie in cui manchi la disciplina da parte di leggi o atti aventi forza di legge, l’organizzazione e il funzionamento delle amministrazioni pubbliche. I regolamenti delegati, la pronuncia è dopo 30 giorni per le materie non coperte da riserva assoluta di legge, prevista dalla Costituzione. Vi sono poi i regolamenti ministeriali, interministeriali, di organizzazione degli uffici dei Ministeri e i regolamenti di riordino (periodico riordino delle disposizioni regolamentari vigenti).
I limiti principali dei regolamenti sono che non possono contrastare con la Costituzione, con le leggi ordinarie, non possono regolare materie coperte da riserva assoluta di legge, non possono derogare al principio di irretroattività e non possono contenere sanzioni penali.
​
GLI STATUTI REGIONALI
La principale fonte dell’ordinamento regionale è costituita dallo Statuto, atto col quale l’ente disciplina la propria organizzazione ed il proprio funzionamento per tutte le attività non regolate direttamente dalla Costituzione.
Gli statuti delle 5 regioni speciali hanno forma e sostanza di leggi costituzionali, hanno un ambito territoriale e possono derogare alla Costituzione solo se ciò sia necessario per garantire alle regioni forme e condizioni particolari di autonomia. Gli statuti delle regioni ordinarie devono essere approvati dal Consiglio regionale con legge adottata a maggioranza assoluta dei suoi componenti. Gli Statuti sono fonti sovraordinate rispetto alle leggi ordinarie delle regioni.
​
LE LEGGI REGIONALI
La Costituzione attribuisce alla Regione la potestà di adottare atti aventi valore di legge ordinaria, nelle materie indicate dall’art. 117 Cost. con un'efficacia limitata al solo territorio regionale. La potestà legislativa delle regioni può essere bipartita (o concorrente) con lo Stato, oppure esclusiva (o residuale), in cui la potestà legislativa è esclusivamente delle Regioni; dapprima solo per quelle a statuto speciale, ora anche per quelle ordinarie. L’art. 117 comma 6 Cost. disciplina i regolamenti delle Regioni.
​
GLI STATUTI COMUNALI, PROVINCIALI E DELLE CITTA’ METROPOLITANE
Sono enti autonomi con propri statuti, elaborati secondo i principi fissati dalla Costituzione. E’ riconosciuta esplicitamente un’autonomia statuaria anche agli enti territoriali diversi dalla Regione e vengono posti come unico limite alle previsioni statuarie i principi fissati dalla Costituzione.
​
I REGOLAMENTI COMUNALI, PROVINCIALI E DELLE CITTA’ METROPOLITANE
La potestà regolamentare, riconosciuta dall’art. 117 comma 6 Cost., secondo il quale tali enti possono esercitarla in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite.
​
LA CONSUETUDINE
Si intende un comportamento costantemente ripetuto dai membri di un gruppo, nella convinzione di osservare una norma giuridica o comunque nella previsione che anche gli altri assumano un comportamento analogo. Si compone di due elementi, un comportamento costante e uniforme ripetuto nel tempo e la convinzione di rispettare una norma giuridica. Si parla di consuetudini costituzionali per indicare la prassi disciplinante i rapporti fra organi costituzionali o istituti costituzionali, sono fonte di rango costituzionale in quanto colmano le lacune della Costituzione e possono essere applicate nella risoluzione dei conflitti di attribuzione fra i poteri dello Stato e nei giudizi di legittimità.
​
LE FONTI INTERNAZIONALI
Le fonti dell’ordinamento giuridico internazionale sono distinte in norme consuetudinarie (compresi i principi generali di diritti e indirizzate a tutti i membri della comunità internazionale), norme convenzionali (fonti vincolanti solo per i soggetti che hanno concorso alla loro formazione) e atti vincolanti delle organizzazioni internazionali (hanno efficacia solo per gli Stati che hanno aderito all’accordo).
​
RIFORMA TITOLO V DELLA COSTITUZIONE
La fonte di diritto fondamentale è la Costituzione e in particolare il Titolo V, che si occupa appunto delle regioni, delle province e dei comuni e delle leggi costituzionali. Oltre che dagli articoli della Costituzione il diritto regionale si avvale come fonti della giurisprudenza della Corte costituzionale, degli Statuti ordinari e speciali, delle leggi regionali emanate dalle regioni stesse, delle norme di attuazione degli statuti speciali e degli atti normativi inerenti agli enti locali. Con la legge costituzionale n.1/1999 viene modificata la forma di governo delle regioni, in particolare gli artt. 121, 122, 123 Cost.
Dopo anni di discussione nelle sedi parlamentari si giunge poi all'approvazione della legge costituzionale n.3/2001 che modifica sostanzialmente il riparto delle funzioni legislative, regolamentari e amministrative tra Stato e regioni. In particolare, sono stati modificati gli articoli:
-
art. 114, il quale afferma che la Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni, oltre che le Comunità montane sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione, ponendo quindi sullo stesso piano (equiordinazione) regione e Stato (entrambi sono dotati del potere di legiferare);
-
art. 117, in cui, tra l'altro, si riparte la potestà legislativa equiparata tra Stato e regioni (potestà esclusiva, concorrente e residuale) nel rispetto della Costituzione nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali;
-
art. 118, che attribuisce le funzioni amministrative ai comuni, province, città metropolitane, regioni e Stato sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza;
-
art. 119, che definisce per gli enti locali l'autonomia finanziaria di entrata e di spesa (la prima in particolare implica la possibilità di imporre una tassazione aggiuntiva a quella nazionale con scopo di autofinanziamento da parte degli enti locali).