6. Il rapporto di lavoro con la P.A.
IL RAPPORTO DI LAVORO CON LE P.A.
Definito in origine impiego pubblico, è quel rapporto di lavoro che si instaura tra privato e Stato o un ente pubblico non economico, in virtù del quale il primo pone la propria attività, in modo continuativo e volontario, al servizio dell’ente stesso, dietro retribuzione. Il rapporto di pubblico impiego è volontario, strettamente personale, bilaterale (diritti e obblighi reciproci) e di subordinazione.
La Costituzione considera il lavoro come il più importante fenomeno della vita sociale, già all’art. 1 afferma che l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro, ma la materia del pubblico impiego non trova una disciplina organica e completa tra le norme costituzionali, anche se la Carta Costituzionale ha delle prescrizioni che assumono particolare rilevanza in tale ambito, come il principio di accesso ai pubblici uffici in condizioni di eguaglianza e il dovere di adempiere con onore alle pubbliche funzioni e al servizio esclusivo dello Stato.
​
​
LA PRIVATIZZAZIONE
Il D.Lgs. n.29/1993 ha suggellato il processo di privatizzazione dell’impiego pubblico: la disciplina dei pubblici impiegati è stata assoggettata alla disciplina del lavoratore privato, alla contrattazione collettiva e quindi alla giurisdizione del giudice ordinario
Il D.Lgs. n.165/2001 contenente norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche (c.d. testo unico sul pubblico impiego) ha realizzato un primo consolidamento del processo di privatizzazione e le finalità riguardavano la crescita dell’efficienza delle amministrazioni, la razionalizzazione del costo del lavoro pubblico e una migliore utilizzazione delle risorse umane nelle P.A. A partire da luglio 1998 le controversie sul lavoro sono giurisdizione del giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro.
Per Amministrazioni Pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, comprese le scuole, le Regioni, le province, i comuni, le istituzioni universitarie, le camere di commercio, industria, artigianato, tutti gli enti pubblici non economici, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo.
L’art. 3 del D.Lgs. n.165/2001 esclude alcune categorie di pubblici dipendenti dalla c.d. privatizzazione e sono i magistrati, avvocati e procuratori, personale militare e forze di Polizia, Vigili del Fuoco, penitenziaria, personale diplomatico e prefettizio.
​
​
LA RIFORMA BRUNETTA
La L. n.15/2009 (c.d. campagna antifannulloni), ha attribuito un’ampia delega al governo per riformare la disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici, convergendo gli assetti del lavoro pubblico a quello privato. Tale delega ha trovato attuazione con la riforma Brunetta, che muove dall’esigenza di sviluppare meccanismi meritocratici e legati ai risultati raggiunti e di valutazione della performance lavorativa. I punti salienti della riforma Brunetta riguardano la trasparenza (totale accessibilità delle informazioni sull’organizzazione e sull’attività delle P.A.) e la valutazione della performance, la valorizzazione del merito e degli strumenti di premialità, le innovazioni in materia di dirigenza (della quale vengono rafforzati i poteri) le sanzioni disciplinari e le responsabilità dei pubblici dipendenti.
​
​
LE MANOVRE DEL 2010
Nel 2010 vi sono state importanti riforme riguardanti l’apparato pubblico ed il mondo del lavoro in genere, con decreto legge recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, finalizzato alla riduzione delle spese e dei costi delle amministrazioni pubbliche; è stato imposto un tetto al trattamento economico di dipendenti e dirigenti, per il triennio 2010-2012 vi è stato il blocco della contrattazione collettiva e il blocco per le progressioni automatiche dei dipendenti.
Con il Collegato Lavoro, è stato disposto che i dipendenti pubblic, possano essere collocati in aspettativa per massimo 12 mesi, al fine di avviare attività professionali e imprenditoriali.
​
​
LE INNOVAZIONI DEL BIENNIO 2011-2012
Il D.L. inerenti disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria, ha predisposto importanti tagli alle spese nel pubblico impiego, tra cui i limiti alle assunzioni per le amministrazioni statali, la riduzione dell’utilizzo delle autovetture di servizio e una maggiore lotta all’assenteismo. Nel 2011 vi sono stati una serie di D.L. legati ad un’incisiva riduzione delle pubbliche amministrazioni mentre la legge di stabilità 2012, recava misura per il risanamento del debito pubblico e per il rilancio dell’attività economica.
​
​
RIFORMA FORNERO, SPENDING REVIEW E DISPOSIZIONE CONTRO LA CORRUZIONE
La Riforma Fornero aveva dei punti salienti riguardanti la flessibilità in entrata, finalizzata a rendere più dinamico il mercato del lavoro e la flessibilità in uscita, per rendere più adeguata al mutato contesto economico la disciplina dei licenziamenti individuali e per motivi economici.
Nell’ottica di riduzione delle spese, la L. n.135/2012 (c.d. spending review) reca disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica, con invarianza dei servizi ai cittadini. Si tratta di un insieme di tagli strutturali, volti a migliorare la produttività delle diverse articolazioni della P.A., tra le riduzioni programmate viene disposto il taglio delle dotazioni organiche delle P.A., con il riordino delle competenze degli Uffici e l’eliminazione di duplicazioni, con la gestione di personale in sovrannumero, la riduzione delle spese in genere, mediante tetti per le auto blu e buoni pasto, nonché la fruizione obbligatoria di ferie, permessi e riposi da parte dei pubblici dipendenti, i tagli alle spese dei Ministeri, degli enti territoriali e della sanità.
Il c.d. pacchetto anticorruzione, avente disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nelle P.A., porta al codice etico dei pubblici dipendenti, vengono rafforzati i poteri dirigenziali nella lotta alla corruzione con maggiore protezione per i dipendenti che denunceranno illeciti posti in essere dai colleghi.
​
IL SISTEMA DELLE FONTI NEL PUBBLICO IMPIEGO E LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA
I rapporti di lavoro dei dipendenti pubblici sono disciplinati dalle disposizioni del libro V del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa. La riforma Brunetta ha aggiunto che le disposizioni che modellano i tratti specifici del rapporto dei pubblici dipendenti rappresentano disposizioni a carattere imperativo.
La contrattazione collettiva nazionale determina diritti e obblighi direttamente pertinenti al rapporto di lavoro, nonché le materie relative alle relazioni sindacali, in coerenza con il settore privato, disciplina la struttura contrattuale, i rapporti tra diversi livelli e la durata dei contratti collettivi nazionali ed integrativi.
L’Agenzia per la appresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) ha la rappresentanza legale delle pubbliche amministrazioni, esercita a livello nazionale ogni attività relativa alle relazioni sindacali, alla negoziazione dei contratti collettivi e all’assistenza alle P.A. ai fini dell’uniforme applicazione dei contratti collettivi, inoltre cura le attività di studio, monitoraggio e documentazione, necessarie all’esercizio della contrattazione collettiva.
I rappresentanti dei lavoratori, relativamente alla stipula dei contratti collettivi nazionali, sono le organizzazioni sindacali che abbiano nel comparto una rappresentanza non inferiore al 5%, considerando la media tra il dato associativo e il dato elettorale.
​
​
FORMAZIONE DEL CONTRATTO COLLETTIVO
I comitati di settore emanano gli indirizzi per la contrattazione collettiva nazionale; l’ipotesi di accordo è trasmessa all’ARAN ed al governo entro 10 giorni dalla sottoscrizione. Acquisito il parere favorevole, il giorno successivo, l’ARAN trasmette la quantificazione dei costi contrattuali alla Corte dei Conti, la quale certifica l’attendibilità dei costi quantificati e la compatibilità con gli strumenti di programmazione e di bilancio, entro 15 giorni dalla trasmissione della stessa. Se la certificazione è positiva il presidente dell’ARAN sottoscrive definitivamente il contratto collettivo. Se non è positiva il presidente dell’ARAN provvede alla riapertura delle trattative. I contratti collettivi e gli accordi collettivi nazionali, sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale e sul sito dell’ARAN.
​
ACCESSO AL PUBBLICO IMPIEGO
E’ la Carta Costituzionale a prevedere espressamente che agli impieghi pubblici si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge, attraverso procedure selettive volte all’accertamento della professionalità richiesta. Dal 2012 le richieste per i concorsi vanno fatte esclusivamente per via telematica. I requisiti per accedere ai concorsi sono la cittadinanza italiana, età non inferiore ai 18 anni, idoneità fisica dell’impiego, godimento dei diritti politici e titolo di studio.
Le amministrazioni pubbliche definiscono le linee fondamentali di organizzazione degli uffici, individuano gli uffici di maggiore rilevanza e determinano le dotazioni organiche complessive, assunte con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro. Rientrano nell’esercizio dei poteri dirigenziali le misure inerenti la gestione delle risorse umane, nel rispetto del principio delle pari opportunità.
Il personale che dipende da una P.A. è inserito nel relativo ruolo organico, che indica il numero complessivo dei posti caratterizzati da stabilità di cui essa dispone. L’insieme dei posti assegnati a ciascun ruolo è definito dotazione organica, mentre si parla di pianta organica per indicare il numero dei dipendenti che effettivamente ricoprono i posti in dotazione.
La regola è che le P.A. assumano esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato mediante concorso, ma ci sono casi eccezionali in cui le P.A. possono avvalersi di forme contrattuali flessibili, previsti dal codice civile per il lavoro subordinato d’impresa, come i contratti a tempo determinato o i contratti di formazione e lavoro. In casi espressamente previsti dalla legge le P.A. possono avvalersi di personale esterno avente comprovata esperienza, per fronteggiare esigenze per le quali non è possibile utilizzare personale interno.
​
​
LA DIRIGENZA PUBBLICA
La disciplina della dirigenza nel pubblico impiego ha subito nel tempo notevoli mutamenti. le riforme degli anni '90 hanno delineato la figura dirigenziale come soggetto dotato di una propria autonomia decisionale; con la riforma Brunetta il dirigente diviene vero e proprio datore di lavoro pubblico, diviene infatti il responsabile della gestione delle risorse umane e della qualità e quantità delle prestazioni poste in essere dai dipendenti.
I dirigenti di uffici dirigenziali generali hanno il compito di combattere i fenomeni di corruzione e di definire e far rispettare le misure idonee al contrasto di quest’ultima, sono tenuti inoltre ad effettuare la valutazione del personale assegnato ai loro uffici, ai fini della programmazione economica tra le aree e alla corresponsione di indennità e premi incentivanti, a tali poteri corrisponde anche una responsabilità più accentuata, infatti questi rispondono del mancato esercizio dei poteri datoriali, se le loro omissioni, cagionino lo scarso rendimento dei propri dipendenti. Il dirigente a cui sia imputato il mancato raggiungimento dei risultati, può essere sollevato dall’incarico.
In ogni amministrazione è istituito un ruolo dei dirigenti; l’accesso alla qualifica di dirigente della seconda fascia avviene per concorso, ovvero per corso-concorso selettivo di formazione, bandito dalla Scuola Superiore della P.A. L’accesso alla prima fascia dirigenziale avviene per il 50% dei posti per titoli ed esami (calcolati con riferimento a quelli che si rendono disponibili ogni anno, per la cessazione del servizio dei soggetti incaricati).
Il conferimento di incarichi dirigenziali avviene tenendo conto delle attitudini e delle capacità professionali del singolo dirigente, dai risultati conseguiti in precedenza nell’amministrazione di appartenenza e della relativa valutazione, delle specifiche competenze organizzative possedute, nonché delle esperienze di direzione eventualmente maturate all’estero, presso il privato o in altre amministrazioni pubbliche.
Le amministrazioni devono rendere conoscibili, anche mediante pubblicazione di avviso sul sito istituzionale, il numero e la tipologia di posti di funzioni che si rendono disponibili e i criteri di scelta.
Con il provvedimento di conferimento sono individuati l’oggetto dell’incarico e gli obiettivi da conseguire, con riferimento alle priorità, ai piani e ai programmi definiti dall’organo di vertice, nonché la durata dell’incarico ne inferiore a 3 anni ne superiore a 5, gli incarichi sono rinnovabili e vengono conferiti o con D.P.R. previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del ministro competente o con D.P.C.M. su proposta del Ministro competente, in base all’importanza del ruolo da ricoprire.