6. Il Parlamento
IL PARLAMENTO
Nel sistema costituzionale italiano, è un organo:
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costituzionale, in quanto partecipa all’esercizio della sovranità attraverso la funzione legislativa;
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collegiale, in quanto è formato da più individui che non agiscono indipendentemente ma come collegio;
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rappresentativo, in quanto rappresenta e rispecchia la volontà politica del corpo elettorale, da cui è eletto nella quasi totalità dei suoi membri.
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LA STRUTTURA DEL PARLAMENTO
La Costituzione italiana prevede un bicameralismo perfetto e piano (art. 55 Cost.) e integralmente rappresentativo; si compone di due camere, Senato della Repubblica e Camera dei Deputati, aventi gli stessi poteri, essendo su un piano di completa parità (artt. 70 e 94 Cost.). Dall’assoluta parità deriva che sono entrambe elette direttamente dal corpo elettorale, svolgono identiche funzioni, in quanto entrambe partecipano allo stesso modo alla funzione legislativa e a quella politica.
Si differenziano per l’elettorato attivo (18 anni elettori per la Camera, 25 anni per il Senato), per l’elettorato passivo (per la Camera possono essere eletti deputati al compimento dei 25 anni, 40 al Senato), i deputati sono 630, i senatori 315 cui vanno aggiunti quelli non elettivi (i senatori a vita di nomina presidenziale e a vita di diritto, in quanto ex Presidenti della Repubblica).
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LE PREROGATIVE DELLE CAMERE
Per esercitare pienamente le loro funzioni le camere godono di autonomia regolamentare, ovvero ciascuna Camera ha il potere di adottare il proprio regolamento a maggioranza assoluta dei suoi componenti e autonomia finanziaria. Ciascuna Camera delibera il proprio bilancio e il proprio consuntivo, le spese gravano su un fondo speciale erogato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze; autonomia amministrativa in quanto ciascuna camera provvede all’organizzazione dei propri uffici amministrativi e all’assunzione dei propri dipendenti amministrativi. E' vietato agli Ufficiali ed Agenti della Forza Pubblica accedere negli Uffici delle Camere per compiere atti del proprio ufficio in base ad una norma consuetudinaria non sancita nella Costituzione. Quando le Camera sono riunite in seduta comune si applica il regolamento della Camera dei Deputati e il Presidente è quello della Camera dei Deputati.
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IL FUNZIONAMENTO DELLE CAMERE
Il periodo di lavoro è definito legislatura e dura 5 anni per ciascuna camera, salvo scioglimento anticipato; la sessione invece è il periodo continuativo di lavoro delle Camere compreso tra una convocazione e l’aggiornamento dei lavori, le sedute sono le singole riunioni delle Camere.
La convocazione delle Camere è definita iniziale, le Camere neo elette si devono riunire entro 20 giorni dalle elezioni nel giorno stabilito dal Presidente della Repubblica nello stesso decreto di convocazione dei comizi elettorali; la convocazione su mozione di aggiornamento è decisa dalle stesse camere con cui sospendono temporaneamente i lavori; con la convocazione di diritto si riuniscono di diritto il primo giorno non festivo di Febbraio e di Ottobre (art. 62 Cost.). La convocazione straordinaria può avvenire per iniziativa del Presidente di una delle Camere, del Presidente della Repubblica o da un terzo dei suoi componenti, in questo caso è convocata di diritto anche l’altra Camera.
Le sedute sono pubbliche per consentire il controllo dell’opinione pubblica, l’art. 64 della Cost. sancisce anche la seduta segreta per le Camere, e per evitare decisioni improvvise è stabilito nel regolamento delle Camere che non si può discutere ne decidere su materie che non siano iscritte all’ordine del giorno, a meno che non lo decida la Camera a maggioranza qualificata. Le deliberazioni di ciascuna camera non sono valide se non è presente la maggioranza dei componenti, in aula vige la regola della presunzione del numero legale (50%+1), ma in qualsiasi momento i parlamentari ne possono richiedere la verifica.
L’ostruzionismo si manifesta in una serie di attività, atteggiamenti e comportamenti, posta in essere da Gruppi di minoranza per intralciare o ritardare lo svolgimento dei lavori.
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LO SCIOGLIMENTO DELLE CAMERE
Possono essere sciolte anche singolarmente dal Presidente della Repubblica, quando non appaiono più rappresentative delle forze politiche reali esistenti nel Paese o quando sia impossibile formare una maggioranza politica stabile nel Parlamento e quando si determini un insanabile contrasto politico tra le Camere stesse. Le Camere non possono essere sciolte nel semestre bianco, ovvero nei 6 mesi antecedenti alla scadenza del mandato presidenziale; dopo lo scioglimento possono continuare a svolgere la loro attività in regime di proroga (atto volontario del Parlamento, disposto con legge, per far fronte ad una circostanza eccezionale, ad esempio la guerra) e la prorogatio (proroga dei poteri, per il solo periodo relativo alla durata delle elezioni).
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L’UFFICIO DI PARLAMENTARE
Per il conferimento della carica di membro del Parlamento le condizioni sono: la regolarità del procedimento elettivo, l’assenza di cause di incapacità del soggetto, l’assenza di cause di ineleggibilità del soggetto e l’assenza di cause di incompatibilità.
Prerogative del parlamentare sono:
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l’immunità (non può essere arrestato, ne perquisito o intercettato, senza la preventiva autorizzazione della Camera cui appartiene; può però essere sottoposto ad indagini e arrestato in due casi: quando la sentenza di condanna è irrevocabile e quando commette un reato per il quale è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza);
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l’insindacabilità (non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni).
La cessazione dall’Ufficio di parlamentare può aversi per: fine della legislatura o per scioglimento delle camere, per dimissioni volontarie, per annullamento dell’elezione, per morte e per decadenza (ossiaincompatibilità, superamento del limite di spesa in campagna elettorale).
Secondo l’art. 67 della Cost., ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato. Tale norma afferma il principio della rappresentanza nazionale (in quanto il Parlamentare non rappresenta la circoscrizione locale che lo ha eletto, ma la Nazione) e il divieto di mandato imperativo (ovvero il divieto al Parlamentare di accettare incarichi o istruzioni per lo svolgimento delle sue funzioni da parte di chiunque e ne sancisce l’indipendenza dai gruppi politici, economici e sociali).
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ATTRIBUZIONE DELLE CAMERE
Le Camere esercitano collettivamente una funzione legislativa, una funzione di indirizzo e controllo politico, attraverso le quali si determinano i fini della politica nazionale, si scelgono i mezzi per conseguirla e si esercita un controllo sull’attività del governo, hanno una funzione elettorale (elezione del P.D.R., 5 giudici della Corte Costituzionale, 8 componenti C.S.M.), hanno funzioni materialmente giurisdizionali nelle quali vi si comprendono le attività dirette a porre in stato di accusa il P.D.R. o a rinviarlo a giudizio dinanzi alla Corte Costituzionale, vi sono poi le attività strumentali delle Camere (ad esempio, attività di auto-organizzazione e attività normative e procedurali).
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IL PROCEDIMENTO LEGISLATIVO PER LE LEGGI ORDINARIE
Ogni procedimento diretto all’emanazione di un atto si distingue in tre fasi:
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preparatoria (fase di iniziativa e di istruttoria);
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costitutiva (o deliberativa);
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di integrazione dell’efficacia (fase di controllo e comunicazione).
La fase preparatoria si esercita con la presentazione di un progetto di legge ad una delle due Camere. Il potere di iniziativa legislativa lo ha il Governo (mediante la presentazione di disegni di legge deliberati dal Consiglio dei Ministri e autorizzati dal P.D.R., con decreto controfirmato), i parlamentari (possono presentare proposta di legge anche da soli), il corpo elettorale (proposta di legge proveniente da almeno 50mila elettori), il CNEL (in materia di economia e di lavoro), i consigli regionali e comunali. La fase istruttoria abbraccia tutte le attività dirette a consentire all’organo deliberante l’esame e l’approfondimento del progetto ed è diretta a precedere la discussione e votazione da una deliberazione preliminare adottata dalle Commissioni.
La fase costitutiva può svolgersi secondo il procedimento ordinario: obbligatorio per i progetti di legge in materia costituzionale ed elettorale, di delegazione legislativa, di autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali e di approvazione di bilanci e consuntivi, mentre è facoltativo per tutti gli altri progetti di legge. Per i disegni di legge urgenti può essere adottato un procedimento abbreviato, c’è poi il procedimento decentrato in cui l’approvazione dei disegni di legge può essere deferita alle Commissioni ed infine il procedimento misto, introdotto dai regolamenti parlamentari e che si atteggia come intermedio tra ordinario e decentrato in quanto comporta collaborazione tra Assemblea e Commissioni.
Una volta approvata dalle Camere la legge è perfetta, ma non ancora efficace. Per divenire efficace deve superare la fase di integrazione dell’efficacia che si articola con la promulgazione, deve essere promulgata dal P.D.R. entro un mese dall’approvazione; a questo punto la legge diviene esecutoria, poi vi è il visto del Guardasigilli (ovvero il Ministro della Giustizia), il quale deve accertare che l’atto non presenti irregolarità formali e se rilevata deve fare relazione alla Camera da cui l’ha ricevuta entro 5 giorni; poi c’è la pubblicazione, la legge viene portata a conoscenza dei suoi destinatari e deve avvenire subito dopo la promulgazione, infine vi è l’entrata in vigore, ovvero 15 giorni dopo la sua pubblicazione.
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IL PROCEDIMENTO LEGISLATIVO PER LA REVISIONE DELLA COSTITUZIONE
Quella italiana è una costituzione rigida e per la modifica delle disposizioni in essa contenute è necessario un procedimento speciale affidato al Parlamento, detto procedimento di revisione costituzionale, che culmina nell’emanazione di una legge costituzionale. Tale procedura deve contemperare due esigenze:
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conservare un determinato assetto costituzionale su una più ampia base di consensi;
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consentire modifiche al testo costituzionale per adeguare la portata ad eventuali mutate esigenze della società.
La procedura di revisione prevede la fase preparatoria e la fase costitutiva (in cui non è ammesso il procedimento decentrato). In ogni ramo del Parlamento sono previste due deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi e per la seconda è richiesta maggioranza assoluta dei componenti e infine vi è la fase di integrazione dell’efficacia, nella quale la legge viene promulgata dal P.D.R. e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale se approvata nella seconda votazione con maggioranza non inferiore ai 2/3 dei componenti. Se è approvata con maggioranza assoluta, ma senza aver ottenuto il voto favorevole di almeno i 2/3 dei componenti, sarà pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale ed entro tre mesi potrà essere sottoposta a referendum costituzionale, con il precipuo scopo di consentire una verifica della rispondenza della legge alla volontà del paese (art. 138 Cost.).
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LIMITI ALLA REVISIONE COSTITUZIONALE
Esistono dei limiti espliciti previsti dalla Costituzione e limiti impliciti ricavabili dai principi generali stabiliti dal testo costituzionale. L'art. 139 Cost. stabilisce che la forma repubblicana non può essere oggetto di revisione. La Corte Costituzionale ha individuato nei diritti inviolabili dell’uomo, consacrati dall’art. 2 Cost., ulteriori limiti al potere di revisione costituzionale, inoltre non possono essere sovvertiti o modificati da leggi di revisione i principi della solidarietà, dell’uguaglianza, della tutela del lavoro, dell’unità e indivisibilità della Repubblica.
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MODIFICA ART. 81 COST., INTRODUZIONE PAREGGIO DI BILANCIO NELLA CARTA COSTITUZIONALE
Per far fronte alla crisi economica, l’Unione Europea ha imposto l’inserimento nelle Carte Costituzionali degli Stati membri il vincolo del pareggio in bilancio. Modificando l’art. 81 Cost. lo Stato assicura l’equilibrio tra entrate e spese del proprio bilancio, stabilito con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera.
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GLI ATTI DI INDIRIZZO POLITICO
Ai sensi dell’art. 94 Cost., la fiducia al Parlamento può essere accordata o revocata per iniziativa delle Camere o del Governo; il Parlamento partecipa in via diretta ed immediata all’attività di indirizzo politico mediante leggi di indirizzo politico, che sono la legge di approvazione del bilancio, le leggi di concessione di amnistia (estingue il reato e lo Stato rinuncia all’applicazione della pena) o indulto (viene cancellata la pena inflitta o parte di essa). Vi sono poi gli atti di indirizzo che sono la mozione (richiesta avanzata dai singoli parlamentari affinché si proceda alla discussione ed alla votazione su un determinato oggetto), la risoluzione (conclusione di un dibattito votata in aula) e l’ordine del giorno di istruzione al governo (vincolo imposto all’esecutivo di adottare un determinato provvedimento). Poi vi sono gli atti ispettivi e sono l’interrogazione (domanda rivolta per iscritto da un parlamentare al Governo o ad un Ministro circa la conoscenza di una determinata situazione), l’interpellanza (domanda riguardante condotta tenuta) e l’inchiesta parlamentare (disposta da ciascuna camera per acquisire conoscenza su determinata materia). Il potere di mettere in stato di accusa il P.D.R. è conferito al Parlamento in seduta comune.
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DELIBERAZIONE STATO DI GUERRA
La deliberazione dello stato di guerra è affidato alle Camere ed un a tto col quale viene decisa l’entrata in guerra dell’Italia. Si discute sulla forma che tale atto deve rivestire, tenuto conto che la lentezza dell’iter delle leggi mal si adatta ad una decisione da prendere in tempi rapidi per fronteggiare una situazione di grave pericolo (ad esempio, aggressione al territorio italiano). In seguito a tale decisione trova applicazione il diritto interno di guerra e si producono alcune deroghe ai principi costituzionali, in particolare la durata delle Camere può essere prorogata e le sentenze dei tribunali militari di guerra non sono ricorribili in Cassazione. Poiché la deliberazione e la conseguente dichiarazione dello stato di guerra dovrebbero precedere le operazioni militari implicanti l’uso della forza, qualora ciò non accadesse si dovrebbe ordinare la cessazione di tali operazioni o ricondurle alla legalità attraverso i necessari adempimenti (deliberando, cioè, lo stato di guerra). La cessazione dello stato di guerra, momento essenziale per la disapplicazione del diritto di guerra, può essere deliberata dalle Camere unilateralmente, oppure seguire all’entrata in vigore di un trattato internazionale di pace, la cui ratifica viene sempre autorizzata dal Parlamento.