10. Il negozio giuridico
ELEMENTI ESSENZIALI DEL NEGOZIO: LA VOLONTA’
Primo elemento è la volontà, che passa attraverso un processo di formazione e un momento di esteriorizzazione; durante tali fasi possono sorgere elementi di disturbo che cagionano la volontà viziata o una divergenza tra volontà dichiarata e volontà interna. Può accadere che la dichiarazione sia stata emessa senza che esista alcuna volontà del soggetto, vi sia una volontà ma non corrisponda a quella dichiarata oppure che la dichiarazione corrisponda alla volontà ma questa si è formata in maniera anormale per effetto di elementi perturbatori. Il legislatore ha accolto quindi come principio generale la teoria dell’affidamento, la quale ha riguardo alla situazione del destinatario: se questi non era in grado di rendersi conto della divergenza tra volontà e dichiarazione, facendo affidamento sulla dichiarazione stessa, il negozio è valido, se invece il destinatario sapeva che la dichiarazione non corrispondeva alla volontà effettiva il negozio è invalido.
MANCANZA DI VOLONTA’
I casi in cui possa manifestarsi la mancanza di volontà sono:
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le dichiarazioni non serie, aventi un contenuto solo apparentemente giuridico, ma che non hanno alcun valore in quanto mancano di quei caratteri necessari per attribuire ad una condotta umana il valore di un impegno (ad esempio, dichiarazioni fatte per scherzo o durante una rappresentazione teatrale);
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la violenza fisica, che ricorre quando un soggetto emette una manifestazione di volontà negoziale perché costretto a forza da un altro soggetto.
DIVERGENZA TRA VOLONTA’ E DICHIARAZIONE
Si ha riserva mentale quando il soggetto intenzionalmente dichiara cosa diversa da quella che si vuole, senza alcuna intesa col destinatario, il negozio in questo caso è valido ed efficace.
L’errore ostativo è l’errore del dichiarante e cade sulla dichiarazione (ad esempio, dico 100 e volevo dire 1000), sulla trasmissione della dichiarazione stessa (ad esempio, volevo trasmettere 10, per errore del telegrafo invio 100), in questo caso il negozio è annullabile.
Il dissenso è un caso di divergenza tra volontà e manifestazione tipico dei contratti e ricorre quando in seguito ad errore sulla natura od identità dell’oggetto del contratto o a causa di fraintendimento delle dichiarazioni di una parte, la controparte aderisce senza che in realtà si sia avuto un incontro di volontà e può portare all’annullabilità in caso di errore ostativo e alla nullità negli altri casi.
La simulazione costituisce il caso più rilevante e frequente di divergenza tra volontà e dichiarazione e si sostanzia in una divergenza voluta dalle parti.
LA SIMULAZIONE
Si ha quando le parti, d’accordo, pongono in essere dichiarazioni difformi dal reale intento; gli elementi della simulazioni sono tre:
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la divergenza voluta;
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l’accordo simulatorio;
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l’intenzione di ingannare terzi.
La simulazione può essere assoluta o relativa: nel primo caso ricorre quando le parti pongono in essere un dato negozio ma in realtà non vogliono alcun negozio, nel secondo caso ricorre quando le parti pongono in essere un dato negozio ma in realtà vogliono un negozio diverso ed a sua volta sin distingue tra soggettiva (c.d. interposizione fittizia, ossia quando la parte sostanziale del contratto è diversa da quella formale) ed oggettiva (che riguarda la natura del negozio ed un suo elemento). La simulazione può aver luogo nei contratti e nei negozi unilaterali. L’accordo simulatorio è un’intesa reciproca delle parti sulla divergenza tra il negozio stipulato ed il loro effettivo rapporto, tale elemento serve a distinguere la simulazione dalla riserva mentale in cui manca un’intesa tra i soggetti.
EFFETTI DELLA SIMULAZIONE
Tra le parti, in caso di simulazione assoluta il negozio simulato non produce effetto alcuno, in caso di simulazione relativa il negozio simulato (fittizio) non produce alcun effetto, invece il negozio dissimulato (occulto) produce effetti se non è vietato dalla legge.
Rispetto a terzi, il problema degli effetti della simulazione va risolto in base al principio di tutela dell’affidamento per cui, i terzi pregiudicati dal contratto simulato sono interessati a dedurre la simulazione e possono farne dichiarare la nullità, i terzi subacquirenti in buona fede sono tutelati in quanto avendo fatto affidamento sulla dichiarazione e hanno acquistato i diritti dal titolare apparente.
Nei confronti dei creditori:
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i creditori del simulato alienante hanno interesse a far valere il carattere simulato perché altrimenti non potrebbero agire sui beni apparentemente usciti dal patrimonio del loro debitore;
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i creditori del simulato acquirente invece non hanno interesse a che la simulazione venga alla luce, in quanto guadagnerebbero la possibilità di far valere i loro diritti anche su beni fittiziamente entrati nel patrimonio del loro debitore.
Il conflitto tra creditori ricorre quando i creditori del simulato alienante e del simulato acquirente vogliono entrambi soddisfarsi sui beni oggetto del contratto simulato, in tal caso la legge tutela i creditori del simulato alienante quando il loro credito è anteriore all’atto simulato e tutela i creditori dell’acquirente simulato quando il loro credito è successivo all’atto simulato.
L’AZIONE DI SIMULAZIONE E PROVA DELLA SIMULAZIONE
Per far accertare la simulazione, il soggetto interessato deve adire l’Autorità Giudiziaria con una speciale azione, la c.d. azione di simulazione: azione di mero accertamento tendente a far valere la realtà contro l’apparenza, cioè l’inefficacia del negozio simulato.
I VIZI DELLA VOLONTA’
Sono quegli elementi che si inseriscono nel processo della volontà, fuorviandola e determinandone una formazione anormale. In presenza di un vizio, la volontà non manca ne è difforme dalla dichiarazione, ma nasce semplicemente malata ed i vizi, cui la legge attribuisce rilevanza sono: l’errore, il dolo e la violenza.
L’ERRORE
Costituisce una falsa rappresentazione della realtà, ad esso è equiparata l’ignoranza, ovvero la mancanza di qualsiasi nozione di un dato fatto. L’errore può essere ostativo ed è quello che cade sulla dichiarazione o sulla sua trasmissione, determinando un inconsapevole divergenza tra volontà e dichiarazione (ad esempio, nel contrattare in lingua straniera, voglio acquistare una cosa ma ne compro altra) e l’errore-vizio che è quello che incide sul processo formativo della volontà e può distinguersi tra errore di fatto e di diritto che consiste nell’ignoranza circa l’esistenza e l’applicabilità di una norma giuridica. Il codice vigente ha equiparato gli effetti prodotti dall’errore ostativo e l’errore-vizio: entrambi determinano l’annullabilità in caso di contratti ed hanno rilevanza solo se riconosciuti dall’altro contrente. L’errore per essere causa di annullabilità deve essere essenziale (cioè tale da determinare la parte a concludere il negozio) e riconoscibile (si considera tale quando in relazione al contenuto, alle circostanze o alle qualità dei contraenti, una persona di normale diligenza avrebbe potuto rilevarlo).
IL DOLO
Si intende per dolo ogni artificio o raggiro con cui un soggetto induce un altro soggetto in errore, determinandolo a porre in essere un negozio che altrimenti non sarebbe stato concluso o lo sarebbe stato a condizioni differenti. Si ha dolo commissivo (comportamento attivo della controparte) e dolo omissivo (menzogna e reticenza OD omessa comunicazione di cosa vera). Il dolo in questione è il dolo vizio della volontà, mentre il dolo come carattere generale costituisce un elemento di carattere psicologico che si concreta nella corrispondenza tra un programma e l’azione posta in essere, il dolo quale vizio della volontà si concreta in una particolare azione, l’azione di chi inganna o raggira.
Dolus malus è quello che vizia il negozio, dolus bonus è la normale esaltazione pubblicitaria del proprio prodotto e non ha rilevanza sulla validità del negozio. Il dolo determinante è quello senza del quale il negozio non sarebbe stato concluso, il dolo incidente è quello con il quale il negozio sarebbe stato lo stesso concluso, ma a condizioni meno gravose.
LA VIOLENZA MORALE
Consiste nella minaccia di un male ingiusto e notevole posta in essere per determinare un soggetto a compiere un negozio, in tal caso il negozio è annullabile. Agisce sulla volontà negoziale del minacciato, differisce dalla violenza fisica e dal timore reverenziale (che si ha quando un soggetto nutre, a prescindere da specifiche minacce esterne, nei confronti di un soggetto), in tal caso il negozio non è annullabile. I requisiti della violenza morale per causare l’annullamento sono: la minaccia di un male notevole (di un certo livello), ingiusto (antigiuridico) e diretto alla persona o ai beni dello stesso contraente.
GLI ELEMENTI ACCIDENTALI DEL NEGOZIO GIURIDICO
Si dicono accidentali quegli elementi che le parti possono liberamente apporre ad un negozio giuridico, influenzandone in tal modo l’efficacia. Sono elementi che una volta inseriti diventano per le parti vincolanti ed essenziali. Sono: la condizione, il termine, il modus (o onere) e si distinguono in generali e particolari; generali sono quelli che possono essere introdotti in tutte le categorie negoziali (ad esempio, condizione, termine, modus), particolari sono quelli previsti solo per alcuni tipi di negozio (ad esempio, clausola penale e caparra).
LA CONDIZIONE
Si intende un avvenimento futuro ed incerto al cui verificarsi le parti subordinano l’inizio (condizione sospensiva) o la cessazione (condizione risolutiva) dell’efficacia del negozio. La condizione deve riguardare un avvenimento futuro (e quindi non ancora verificatosi) e incerto, occorre quindi che al momento in cui la condizione è apposta, sia obiettivamente impossibile prevedere con certezza il suo verificarsi o meno, inoltre la condizione deve essere possibile e lecita. Della condizione possono farsi varie distinzioni legate a:
- riguardo all’evento: l’avvenimento dedotto in condizione potrà essere determinato nel tempo (ad esempio, tizio diventa maggiorenne) o indeterminato nel tempo (ad esempio, tizio si sposerà);
- riguardo agli effetti:
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condizione sospensiva, è quella da cui dipende l’inizio di efficacia del negozio (ad esempio, ti regalo l’orologio se ti laurei),
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condizione risolutiva, è quella da cui dipende la cessazione degli effetti del negozio (ad esempio, ti regalo l’orologio, ma se ti bocciano, me lo restituisci);
- rispetto alla causa produttrice dell’avvenimento:
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condiziona casuale, il cui verificarsi dipende dal caso o dalla volontà di terzi, (ad esempio, se verrà la nave dall’Asia),
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condizione formale, il cui verificarsi dipende in parte dalla volontà di un terzo e in parte dalla volontà di una delle parti (ad esempio, ti farò un regalo se l’esame andrà bene),
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condizione potestativa, che può essere propria e si riferisce ad un interesse per la parte (ad esempio, se apre un negozio, ti assumerò),
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condizione meramente potestativa, il cui compimento o mancanza dipende da mero arbitrio della parte (ad esempio, se vorrò, se mi piacerà).
PENDENZA E MANCANZA DELLA CONDIZIONE
Si ha pendenza finché perdura una situazione di incertezza: la condizione non si è verificata ma può ancora verificarsi. Se la condizione è sospensiva gli effetti del negozio non si producono, se è risolutiva, si producono immediatamente con la conclusione del negozio. L’art. 1358 c.c. sancisce l’obbligo per ciascuna parte di comportarsi, durante la pendenza, in buona fede, per conservare integre le ragioni dell’altra parte.
Si ha mancanza quando l’evento dedotto in condizione non si è verificato ed è certo che non può verificarsi. Se la condizione è sospensiva il negozio resta definitivamente inefficace, se è risolutiva gli effetti del negozio diventano definitivi.
IL VERIFICARSI DELLA CONDIZIONE: RETROATTIVITA’
Quando la condizione si verifica, la situazione giuridica diventa definitiva con efficacia retroattiva; se la condizione è sospensiva gli effetti del negozio si considerano prodotti dal momento della formazione del negozio, non da quello del verificarsi della condizione (ex tunc), se la condizione è risolutiva gli effetti del negozio cadono ed essa retroagisce facendo venir meno gli effetti prodotti.
ILLICEITA’ ED IMPOSSIBILITA’ DELLA CONDIZIONE
La condizione è illecita quando contraria a norma imperative, all’ordine pubblico o al buon costume; negli atti tra vivi rende nullo il negozio, negli atti di ultima volontà si ha per non apposta a meno che non risulti come motivo unico determinante della disposizione.
L’impossibilità della condizione può essere fisica (ad esempio, se tocchi il cielo con un dito) o giuridica (ad esempio, se mi vendi un bene demaniale) se è su atti tra vivi, se è sospensiva rende nullo il negozio, se è risolutiva si considera non apposta. Negli atti di ultima volontà si ha per non apposta a meno che non risulti come motivo unico determinante della disposizione.
AMBITO DI APPLICAZIONE DELLA CONDIZIONE
Esistono determinati negozi che non tollerano la condizione e tali atti sono: il matrimonio, i negozi di diritto familiare, l’accettazione e la rinunzia all’eredità, l’accettazione e la girata cambiaria.
IL TERMINE
Può definirsi un avvenimento futuro (non ancora verificatosi) e certo (sicuramente si verificherà) dal quale le parti fanno dipendere l’inizio o la cessazione di efficacia del negozio giuridico. In relazione alla certezza dell’evento si distinguono condizione e termine; del termine possono farsi varie distinzioni:
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termine di efficacia, è quello da cui si fanno dipendere gli effetti del negozio e che si distingue a sua volta tra termine iniziale (indica il momento dal quale debbano prodursi gli effetti del negozio) e termine finale (indica il momento fino al quale debbano prodursi gli effetti del negozio);
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termine di scadenza, è quello che riguarda il momento in cui l’obbligazione deve essere eseguita in presenza di un negozio immediatamente efficace;
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termine del diritto, è quello fissato dalle parti relativamente ai diritti che non hanno durata perpetua.
GLI EFFETTI DEL TERMINE
Si distingue tra pendenza del termine e si ha finché il termine non si è ancora verificato e scadenza del termine, ed è in questo momento che si verificano gli effetti del negozio (termine iniziale) o vengono meno (termine finale). Il termine non ha effetti retroattivi in quanto è stata la volontà delle parti a voler differire l’efficacia del negozio.
AMBITO ED APPLICAZIONE DEL TERMINE
Vi sono alcuni negozi che non ammettono l’apposizione di un termine e sono: il matrimonio, i negozi di diritto familiare, la disposizioni testamentarie a titolo universale, l’accettazione e la rinunzia all’eredità.
IL MODUS
E’ una clausola accessoria che si appone solo agli atti di liberalità (ad esempio, istituzione di erede, donazione) allo scopo di limitarne gli effetti (ad esempio, ti dono un immobile con l’obbligo di portare ogni mese dei fiori sulla mia tomba). Il modus quando è impossibile o illecito, si ha per non apposto sia negli atti di liberalità tra vivi che mortis causa a meno che non risulti come motivo unico determinante della liberalità.
Il modus si distingue dalla condizione sospensiva (in quanto obbliga ma non sospende l’efficacia del negozio) e dalla condizione risolutiva (in quanto la condizione di liberalità per inadempimento del modo agisce ex nunc e quindi saranno salvi gli acquisti effettuati da terzi). L’adempimento del modus o onere, può essere richiesto tanto nella donazione, quanto nelle disposizioni testamentarie, da chiunque sia interessato e da chi abbia l’incarico di gestire attribuzioni di liberalità.
IL NEGOZIO GIURIDICO
Si intende quella particolare figura di atto giuridico lecito i cui effetti non sono prestabiliti dalla legge, ma sono liberamente determinabili dalle parti, in conformità alla volontà manifestamente espressa ed alla causa che l’atto stesso è capace di raggiungere. E’ definito un atto giuridico (umano, consapevole e volontario), lecito (conforme alle prescrizioni dell’ordinamento), consistente in una dichiarazione di volontà e produttivo di effetti giuridici; costituisce la manifestazione più importante dell’autonomia privata, cioè il potere riconosciuto a soggetti privati di regolare da se i propri interessi. Ogni soggetto può curare i propri interessi attraverso atti e negozi giuridici e tale possibilità è definita autonomia negoziale, che può assumere sia il significato di autonomia come vincolo (intesa come irrevocabilità dell’impegno) che di autonomia come libertà (consistente nella possibilità per i privati di determinare l’effetto del negozio attraverso la scelta del tipo contrattuale, del contenuto e di farsi sostituire nella conclusione del negozio).
La teoria del negozio giuridico nacque nel '700, come principale espressione della libertà patrimoniale dei privati. Il codice civile del 1942 non ha recepito questa categoria, disciplinando il contratto in generale e non il negozio giuridico. Il legislatore del 1942 ha recepito il principio della tutela dell’affidamento, dando particolare rilievo alla dichiarazione: la teoria della dichiarazione prevede che non conta quello che il soggetto effettivamente voleva, ma ciò che è apparso all’esterno.
Elementi essenziali del negozio giuridico sono:
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uno o più soggetti;
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la volontà;
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la forma;
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la causa.
Gli elementi naturali sono quelli previsti dalla legge al fine di completarne la disciplina (ad esempio, nella compravendita sono naturali la garanzia per i vizi della cosa), gli elementi accidentali sono quelli che possono essere liberamente apposti dalle parti (non incidono sulla completezza del negozio ma ne condizionano solo l’efficacia, i principali sono il termine, la condizione e il modo).
Sono altresì richiesti requisiti oggettivi e soggettivi, ovvero: la capacità giuridica di agire e la legittimazione (ossia il potere di un soggetto di disporre di una determinata situazione giuridica).
I negozi giuridici possono classificarsi come segue:
- In relazione ai soggetti: la distinzione dei negozi giuridici si fonda sul numero delle parti, intese non come singolo soggetto, bensì come ciascun centro di interessi. All’interno di ciascuna parte può avere rilevanza il numero di persone che la compongono, a seconda delle quali si distingue tra:
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negozi unilaterali (composti da una sola parte),
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bilaterali (composti da due parti),
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plurilaterali (composti da più di due parti).
I negozi unilaterali si distinguono a loro volta tra negozi soggettivamente semplici (manifestazione di volontà proviene da una persona) e negozi unilaterali pluripersonali (volontà da più persone che costituiscono un’unica parte).
Inoltre si distinguono in:
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negozi ricettizi (quelli che per produrre effetti devono essere portati a conoscenza di una determinata persone; ad esempio, la disdetta);
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negozi non ricettizi (producono effetti in virtù solo della volontà; ad esempio, il testamento).
- In relazione alla natura dei rapporti: si distingue tra non patrimoniali, generalmente nella sfera familiare e patrimoniali, ovvero i rapporti economicamente valutabili (ad esempio, tutti i contratti).
- In relazione al corrispettivo: possono essere onerosi quando all’attribuzione in favore di un soggetto faccia riscontro un corrispettivo a carico dello stresso (ad esempio, compravendita) o gratuiti quando manchi tale corrispettivo essendo il negozio diretto ad accrescere il patrimonio altrui senza controprestazione (ad esempio, donazione, mutuo gratuito).
- In relazione all'evento morte: si distingue tra negozi a causa di morte (il nostro ordinamento prevede solo un negozio mortis causa ed è il testamento) e negozi inter vivos (tutti gli altri che prescindono da tale presupposto della morte).
LA CAUSA
Figura tra gli elementi essenziali del negozio giuridico, la cui mancanza comporta quindi la nullità dell’atto. Vi sono la teoria soggettiva ed oggettiva. In quella soggettiva la causa viene fatta coincidere con lo scopo che induce ciascun contraente ad assumere il vincolo giuridico, con l’esaltazione della volontà individuale a discapito di una valutazione globale dello scopo concreto che si mira a realizzare; in quella oggettiva il concetto di causa è visto sia come funzione economico-sociale dello strumento negoziale adoperato dai privati sia come funzione economica-individuale.
Va distinta dai motivi, in quanto la causa è l’elemento impersonale ed oggettivo, i motivi invece sono elementi personali e soggettivi, la causa è l’elemento essenziale del negozio ed è rilevante a molteplici fini, i motivi sono normalmente irrilevanti salvo particolari eccezioni.
Alla base della causa si distinguono:
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i negozi tipici, quelli corrispondenti ai tipi fissati dalla legge, forniti di una propria denominazione e di una specifica ed autonoma disciplina;
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i negozi atipici, quei negozi posti in essere dai soggetti e non corrispondenti ai tipi disciplinati dalla legge (sono soggetti a norme e principi generali dell’ordinamento e devono essere diretti a realizzare un interesse meritevole di tutela), questi subiscono un controllo di liceità e di meritevolezza;
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i negozi misti, il risultato della fusione delle cause di due o più negozi tipici;
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i negozi collegati, quando la funzione economica si realizza con il ricorso a più negozi, ciascuno dei quali produce gli effetti propri ma che concorrono ad un unico risultato.
La causa in un negozio giuridico può mancare ab origine (difetto genetico della causa) o in un momento successivo (difetto funzionale). Motivo di nullità del negozio (al pari della mancanza della causa) è l’illiceità della causa, che si verifica quando questa sia contraria a norme imperative, all’ordine pubblico o al buon costume.
I motivi che determinano le parti a compiere il negozio sono di norma irrilevanti, tranne chi in alcuni casi previsti dalla legge, è nullo il contratto quando le parti si siano determinate a concluderlo esclusivamente per un motivo illecito comune ad entrambe (ad esempio, casa locata per essere adibita a casa d’appuntamenti): in tale circostanza la causa è lecita (scambio tra canone e godimento dell’abitazione), ma il motivo è illecito. E’ nullo il negozio concluso in frode alla legge poiché la causa è reputata illecita, cioè il negozio che costituisce il mezzo per eludere una norma imperativa.
LA FORMA
Il mezzo con cui si manifesta la volontà negoziale è la forma, considerata un elemento essenziale in quanto non può mancare in nessun negozio giuridico. A seconda dei modi con cui viene manifestata si distingue tra:
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dichiarazione espressa, si attua con parole, scritti, cenni;
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manifestazione tacita, consiste in un comportamento che non costituisce direttamente un mezzo di espressione o di comunicazione, ma che presuppone e realizza una volontà e così indirettamente la manifesta.
Il silenzio, secondo la dottrina, può essere considerato un contegno equivoco e neutro, insuscettibile di dar vita ad un negozio, ma può essere anche considerato un’espressione di volontà nel caso di un precedente accordo tra le parti. Inoltre può essere fatto valere come manifestazione tacita di consenso, quando vi siano circostanza tali da renderlo significativo di una precisa intenzione delle parti.
Nel nostro ordinamento vige il principio della libertà di forma che consente al dichiarante di manifestare la propria volontà nella forma che preferisce. In alcuni casi però l’ordinamento subordina la volontà del negozio all’uso di una forma determinata per due motivi:
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richiamare l’attenzione del dichiarante sull’atto che compie e predisporre una documentazione;
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dare certezza all’atto che si compie, in questi casi la legge richiede un atto pubblico o una scrittura privata. Questa forma richiesta per alcuni negozi è un onere per il dichiarante, che senza l’osservanza di essa, non può realizzare l’intento negoziale, infatti il negozio privo della forma necessaria è nullo (ad esempio, compravendita di immobili, testamento).
Per alcuni negozi, la forma scritta è richiesta solo per la prova del negozio, in questo caso l’inosservanza non influisce sulla validità del negozio ma solo sulla possibilità di provarlo.
La problematica relativa agli atti giuridici si è dovuta adeguare alla rivoluzione telematica, ha fatto così la sua comparsa il c.d. documento informatico, cioè la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti che il legislatore ha provveduto a disciplinare dichiarandone l’efficacia giuridica. L’atto è valido a norma di legge se sottoscritto con firma digitale, che ha il valore proprio della scrittura privata, fino a prova contraria, ma riveste un efficacia probatoria incerta, in quanto spetta al giudice di volta in volta attribuirgli un valore probatorio.
LA PATOLOGIA NEL NEGOZIO GIURIDICO
Ai negozi stipulati da privati l’ordinamento attribuisce valore se essi rispettano i limiti che l’ordinamento stesso pone. In particolare la legge richiede che i negozi giuridici e gli altri atti di autonomia privata presentino determinati elementi o requisiti. Se uno di tali elementi manca o è viziato, il negozio è difforme dalla legge, e conseguenza immediata della difformità della legge è che il negozio non è in grado di produrre i suoi effetti o, se questi si producono egualmente, non possono permanere, per cui il negozio è destinato a divenire inefficace.
L’INESISTENZA DEL NEGOZIO
Si ha quando questo non è semplicemente viziato, ma manca addirittura di quel minimum di elementi necessari per poter essere concepito, qualificato o identificato come negozio giuridico. Gli effetti dell’inesistenza non sono identici a quelli della nullità, infatti la nullità può eccezionalmente essere eliminata, il negozio inesistente non ammette mai convalida, il negozio nullo può produrre in alcuni casi determinati effetti, il negozio inesistente non produce effetti, nemmeno indiretti, il negozio nullo può convertirsi, quello inesistente no. Ad esempio: un testamento olografo scritto a macchina non sarà inesistente, ma nullo, perché almeno è stato rispettato un minimo di forma, anche se non è quella richiesta dalla legge, che prevede la scrittura a mano. Se invece è fatto a voce, manca anche quel minimum richiesto e sarà quindi inesistente.
LA NULLITA’ DEL NEGOZIO
E’ l’aspetto più grave che può assumere l’invalidità del negozio. Per il codice il negozio è nullo quando:
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manca uno degli elementi essenziali (accordo, causa, oggetto);
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la causa è illecita;
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il motivo è illecito;
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l’oggetto è impossibile, illecito, indeterminato, indeterminabile;
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è contrario a norme imperative.
Il negozio nullo non produce effetti, di conseguenza se il negozio è stato eseguito le prestazioni già effettuate costituiscono un indebito in quanto prive di titolo e per questo devono essere restituite; la dichiarazione di nullità di regola ha rilievo anche nei confronti dei terzi, infatti se un terzo ha acquistato un diritto da colui al quale il diritto stesso è stato trasferito in base ad un negozio nullo, la sentenza che ha dichiarato la nullità del trasferimento travolge anche il diritto del terzo. La nullità totale è quella che riguarda l’intero negozio, la nullità parziale si riferisce ad una o più clausole del negozio.
I caratteri tipici della nullità sono:
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l’improduttività di effetti, il negozio non produce gli effetti della categoria cui appartiene;
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l’assolutezza, la nullità può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse;
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le rilevabilità d’ufficio dal giudice;
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l’insanabilità, il negozio nullo non può sanarsi ne per convalida ne per prescrizione dell’atto;
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l'imprescrittibilità, non è soggetta a limiti di tempo;
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efficacia retroattiva della dichiarazione di nullità;
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natura dichiarativa.
La conversione è il fenomeno per cui un negozio nullo può produrre gli effetti di un negozio diverso, del quale contenga i requisiti di sostanza e di forma, il fondamento di esse si deve ravvisare nel principio di conservazione del negozi. I requisiti della conversione sono:
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un elemento soggettivo, deve potersi presumere che le parti avrebbero voluto il negozio da cui da luogo conversione, se fossero state a conoscenza della nullità del negozio che hanno posto in essere;
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un elemento oggettivo, il negozio deve contenere i requisiti di sostanza e di forma del negozio in cui dovrà essere convertito.
L’ANNULLABILITA’ DEL NEGOZIO
E’ l’altro aspetto che può assumere l’invalidità del negozio e si ha per quei negozi che pur essendo difformi dall’ordinamento, non meritano una sanzione grave come la nullità. Il negozio è annullabile in caso di vizio di consenso, incapacità legale o naturale della parte, in tutti gli altri casi previsti dalla legge.
Le caratteristiche dell’annullabilità sono:
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l’efficacia interinale del negozio annullabile, il negozio finché non viene annullato produce i suoi effetti;
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la relatività, l’annullamento può essere domandato di regola soltanto dalla parte nel cui interesse è stabilito dalla legge;
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l’irrilevabilità d’ufficio, il giudice non può rilevare senza domanda di parte;
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la sanabilità, il negozio annullabile può sanarsi per effetto di convalida;
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la prescrittibilità, l’azione di annullamento è soggetta a prescrizione quinquennale;
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la natura costitutiva dell’azione di annullamento che mira a modificare una situazione giuridica preesistente.
L’annullamento ha efficacia retroattiva ex nunc tra le parti, colui che ha ricevuto una prestazione in base al negozio annullabile è tenuto a restituirla per intero, l’incapace deve restituire solo quanto della prestazione è stato rivolto a suo vantaggio, per quanto riguarda gli effetti della retroattività nei confronti dei terzi, se l’annullamento dipende da incapacità legale, gli effetti retroattivi dell’annullamento si esplicano anche nei confronti dei terzi, se l’annullamento deriva da altre cause, (ad esempio, vizi della volontà) la sentenza di annullamento non pregiudica i diritti acquistati a titolo oneroso dai terzi in buona fede. Il negozio annullabile può essere sanato con una successiva manifestazione di volontà: la convalida che sarebbe il negozio col quale il soggetto legittimato a proporre l’azione di annullamento, rinuncia al diritto di annullamento, sanando il negozio stesso. La convalida può essere espressa (quando la parte manifesta la volontà con un’apposita dichiarazione che deve contenere indicazione del negozio annullabile, indicazione del motivo di annullabilità e la dichiarazione che si intende convalidare il negozio) oppure può essere tacita (quando la parte da esecuzione volontaria al negozio conoscendo i motivi di annullabilità).
LA TUTELA DELL’AFFIDAMENTO
E’ uno dei principi generali del nostro ordinamento e indica la preferenza accordata alla buona fede del destinatario di una dichiarazione negoziale che sia viziata nella volontà.
IL PRINCIPIO DI CONSERVAZIONE
E’ un principio generale dell’ordinamento secondo il quale il prodotto dell’autonomia negoziale, deve mantenersi in vigore il più possibile.
INEFFICACIA IN SENSO AMPIO E STRETTO
In senso ampio comprende i casi in cui la mancanza di effetti deriva da un vizio che inficia il negozio nella sua stessa struttura o consistenza e che consiste in una situazione permanente o patologica; in senso stretto sono caratterizzati da inettitudine transitoria e non patologica.
L’IRREGOLARITA’
Il negozio giuridico si dice irregolare quando pur essendo perfettamente valido ed efficace, abbia tuttavia violato qualche comando legislativo, la cui sanzione non si riflette sull’atto, ma consiste in una pena per chi lo ha posto in essere (ad esempio, mancata pubblicazione nozze, inosservanza lutto vedovile).
LA RAPPRESENTANZA
Può definirsi come quella figura di sostituzione per cui un determinato soggetto (rappresentante) ha il potere di agire in nome e per conto di un altro soggetto (rappresentato). Caratteristica peculiare della rappresentanza è dunque l’intervento del rappresentante nella gestione di un affare altrui. Si distingue tra:
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Rappresentanza diretta: si ha quando il rappresentante agisce non solo per conto del rappresentato, ma anche nel nome di questo. Le caratteristiche sono la spendita del nome altrui e il verificarsi degli effetti del negozio giuridico direttamente ed unicamente nella sfera giuridica del rappresentato. Il rappresentante è parte in senso formale del negozio, il rappresentato è parte il senso sostanziale.
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Rappresentanza indiretta: si ha quando il rappresentante agisce solo per conto, ma non nel nome del rappresentato. Non è quindi la vera e propria ipotesi di rappresentanza in quanto manca il carattere dell’agire per nome di oltre che per conto altrui. Le caratteristiche sono la mancata spendita del nome altrui e il realizzarsi degli effetti del negozio giuridico nella sfera giuridica del rappresentante, per cui sarà necessaria una ulteriore attività affinchè tali effetti possano rilevarsi definitivamente in capo al rappresentato. Per ulteriore attività si intende che nella rappresentanza indiretta, al contrario di quella diretta, il rappresentato non diviene parte del contratto, ma i relativi effetti si riversano nel patrimonio del rappresentante che ha agito a nome proprio e che ha l’obbligo di trasferimento in favore del rappresentato (interposizione reale di persona).
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Rappresentanza legale: la sua funzione è quella di rendere possibile all’incapace di agire il compimento di atti che gli sarebbero preclusi; trova la sua fonte esclusivamente nella legge e nei soli casi previsti dalla legge, ad esempio i genitori hanno la rappresentanza legale dei figli di minore età, così come un potere di rappresentanza legale è riconosciuto al tutore, al protutore e al curatore dello scomparso.
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Rappresentanza volontaria: trova la sua fonte esclusivamente nella volontà dei soggetti, essa è conferita attraverso un apposito negozio, la procura. La sua funzione è strettamente legata a criteri di opportunità del rappresentato (agevolare e snellire affari, compimento di più atti contemporaneamente a distanza)
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Rappresentanza organica: non c’è alcuna scissione tra ente e persona che lavora a suo nome, ma tra di essi si instaura un rapporto di compenetrazione, che vale ad escludere una sostituzione dell’organo all’ente, costituendo il primo parte integrante del secondo, cui andrà imputata ogni attività svolta dall’organo nell’esercizio delle sue funzioni.
NEGOZI NEI QUALI E’ ESCLUSA LA RAPPRESENTANZA
La rappresentanza volontaria non è ammessa in tutti quei negozi che per legge possono essere compiuti esclusivamente dal titolare del diritto, che vengono definiti personalissimi e sono: il testamento, la donazione, il matrimonio e i negozi familiari.
LA PROCURA
E’ il negozio col quale una persona conferisce ad un’altra il potere di rappresentarla; è un atto a rilevanza esterna, poiché incide sui rapporti esterni tra rappresentato e terzi. Deve essere conferita con la stessa forma prescritta dalla legge ad substantiam o ad probationem per il negozio che il rappresentante deve concludere, può essere conferita anche verbalmente o per comportamenti concludenti. E’ un negozio giuridico unilaterale, recettizio e preparatorio e può essere:
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Espressa, se l’interessato conferisce ad un soggetto il potere di rappresentanza.
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Tacita, se risulta da fatti concludenti (il commesso addetto alle vendite è autorizzato a vendere).
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Generale, se riguarda tutti gli affari del rappresentato.
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Generica, se riguarda una specifica categoria di atti.
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Speciale, se riguarda solo uno o più affari determinati.
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Revocabile, lo è generalmente.
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Irrevocabile, è la procura conferita anche nell’interesse del rappresentante.
Il rappresentante, in base alla procura, non ha l’obbligo ma solo la facoltà di gestire l’affare in nome e per conto del rappresentato, il quale per ovviare a questo inconveniente accompagnerà alla procura un rapporto di mandato o gestorio, in base al quale la gestione diviene obbligatoria. La rappresentanza diretta implica l’esistenza di due rapporti tra rappresentante e rappresentato, ossia la procura e il mandato, che si differenziano in quanto il mandato è un contratto costitutivo di diritti e di obblighi per le parti, mentre la procura è un negozio unilaterale costitutivo di poteri per il rappresentante.
CAPACITA’, VIZI DELLA VOLONTA’ E STATI SOGGETTIVI
La capacità di diventare titolare di rapporti giuridici negoziali deve essere valutata con riferimento alla persona del rappresentato poiché è nella sua sfera che si produrranno gli effetti giuridici prodotti dal rappresentante. Il rappresentato deve essere capace di agire, per il rappresentante è sufficiente la capacità di intendere e volere. Per accertare vizi della volontà o stati soggettivi, si guarda alla persona del rappresentante, il negozio è annullabile se la volontà del rappresentante si è formata in modo viziato (per errore, violenza, dolo).
ABUSO, ECCESSO, DIFETTO DI POTERE
Il contratto concluso dal rappresentante in nome e per conto del rappresentato, vincola costui soltanto se il primo ha agito nei limiti delle facoltà concessegli. I casi in cui i limiti siano stati superati sono:
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Abuso di potere: si ha quando il rappresentante abbia fatto cattivo uso del potere concessogli, agendo per un fine diverso da quello per cui gli era stato conferito, perseguendo un interesse proprio o di terzi in contrasto con quello del rappresentato. Vi sono due casi in cui si manifesta abuso di rappresentanza:
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nel caso di un contratto concluso dal rappresentante in conflitto di interessi col rappresentato;
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nel caso di contratto concluso dal rappresentante con se stesso.
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Eccesso e difetto di potere: si ha eccesso quando il rappresentante abbia agito superando i limiti fissati dalla procura, si ha difetto quando si sia finto rappresentante senza averne i poteri (c.d. falsus procurator). Secondo la giurisprudenza l’atto compiuto in tal caso è inefficace. In entrambi i casi, colui che ha compiuto il negozio è tenuto a risarcire a titolo di responsabilità precontrattuale al terzo contraente.
LA RATIFICA
E’ un negozio unilaterale e recettizio, con cui il rappresentato conferisce efficacia al negozio compiuto in suo nome dal falsus procurator o dal rappresentante che abbia ecceduto nei limiti della procura, accettandone gli effetti nella propria sfera. Costituisce una sorta di procura successiva ed ha effetto retroattivo.