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5. Elementi soggettivi del reato

ELEMENTI SOGGETTIVI DEL REATO

L'elemento soggettivo, inteso come atteggiamento psichico dell'agente, può assumere le forme del dolo, della colpa o della preterintezione.

 

IL DOLO

Si definisce dolo, la rappresentazione e volontà di realizzare il fatto costituente reato.

Il dolo è il normale criterio di imputazione soggettiva in quanto l’art. 42 comma 1 c.p., stabilisce che nessuno può essere punito per un fatto previsto dalla legge come delitto, se non l’ha commesso con dolo.

Il delitto è doloso o secondo l’intenzione, quando l’evento dannoso o pericoloso, è dall’agente preveduto e voluto come conseguenza della propria azione od omissione, ed è strutturato da due elementi costitutivi, un momento rappresentativo, ovvero occorre che l’agente abbia una visione anticipata di tutti gli elementi significativi del fatto che costituisce reato, e un momento volitivo, ovvero occorre che la volontà dell’agente sia rivolta all’effettiva realizzazione della condotta e dell’evento conseguente ad essa.

 

L’OGGETTO DEL DOLO

La dottrina dominante ritiene che l’oggetto del dolo sia il fatto tipico o costitutivo di reato e vi rientrano la condotta tipica, ovvero l’azione che costituisce reato, le caratteristiche del soggetto passivo, gli elementi normativi del fatto (elementi valutati in base ad altre norme, giuridiche e non), gli elementi negativi del fatto ovvero le cause di giustificazione, l’evento naturalistico che deve essere voluto e preveduto, l’evento giuridico, ovvero la lesione o messa in pericolo del bene protetto, il nesso di causalità fra condotta ed evento.

La Corte Costituzionale ha stabilito che per aversi dolo, occorre che il soggetto abbia la rappresentazione e volontà degli elementi significativi della fattispecie di reato e la consapevolezza che il fatto che sta per commettere è un illecito penalmente sanzionato, non occorre che l’agente conosca quale sia la norma penale e quale sia la pena specifica.

 

TIPOLOGIE DI DOLO

E' possibile distinguere il dolo in:

- dolo diretto: si configura ogni qualvolta l’evento conseguito è rispondente a quello voluto e rappresentato dall’agente, vi è poi il dolo alternativo, quando dall’azione vi è la possibilità del verificarsi di due eventi, indifferenti all’agente che li vuole entrambi e il dolo indeterminato, quando il soggetto agente vuole due o più risultati, cumulativamente o alternativamente.

- dolo indiretto: si ha quando il risultato conseguente alla propria azione, pur rappresentato, non è stato dall’agente direttamente o intenzionalmente voluto. L’unica forma di dolo indiretto riscontrabile in concreto è il dolo eventuale, che ricorre quando l’agente prevede un certo evento come conseguenza della sua condotta e agisce accettando il rischio del suo verificarsi. Si differenzia dalla colpa cosciente, in quanto in quest’ultimo caso l’agente, pur prospettandosi la possibilità del verificarsi di un evento non voluto come conseguenza della propria condotta, confidi tuttavia che esso non si verifichi.

Vi sono poi altre tipologie di dolo, quali:

  • dolo d'impeto: Il delitto è il risultato di una decisione improvvisa e viene subito eseguito.

  • dolo di proposito: Si ha quando trascorre un considerevole lasso di tempo tra idea ed azione.

  • dolo di danno: Ricorre quando il soggetto ha voluto ledere il bene protetto

  • dolo di pericolo: Si ha nelle ipotesi in cui l’agente abbia voluto solo minacciare il bene.

  • dolo iniziale: Si riscontra solo nel momento dell’azione od omissione.

  • dolo concomitante: Accompagna lo svolgimento del processo causale che genera l’evento.

  • dolo successivo: Si manifesta dopo il compimento dell’azione od omissione.

  • dolo generico: Si ha quando è richiesta la coscienza e volontà del fatto.

  • dolo specifico: Si ha quando la legge da rilevanza ad un fine particolare che sta oltre il fatto materiale tipico.

  • dolo generale: Viene considerata fattispecie dolosa ogni ipotesi in cui l’evento morte, pur rappresentato e voluto dall’agente, non è la conseguenza del decorso causale posto in essere dall’azione dolosa iniziale; ad esempio sparare a un uomo e sotterrarlo vivo (causandone la morte), credendolo morto.

L’intensità del dolo influisce sulla gravità del reato e dipende dalla durata del proposito criminoso, dalla maggiore o minore consapevolezza del reo e dal diverso atteggiarsi del momento volitivo.

Al di fuori della tematica del dolo vi è la premeditazione, prevista come circostanza aggravante speciale di taluni delitti accumunati dall’evento materiale della lesione fisica o della morte.

LA COLPA

Il delitto è colposo o contro l’intenzione, quando l’evento, anche se preveduto, non è voluto dall’agente e si verifica a causa di negligenza (mancata adozione delle cautele imposte dalle regola cautelari), imprudenza (agire la dove le regole cautelari lo sconsiglino) o imperizia (negligenza o imprudenza qualificata), ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline.

Per la sussistenza del reato colposo occorre che la condotta sia attribuibile al volere del soggetto, che manchi la volontà dell’evento e che si verifichi a causa di negligenza, imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline.

 

LA CONDOTTA COLPOSA

Sotto il profilo oggettivo, la condotta consiste nella violazione della regola di diligenza, da intendersi e valutarsi in senso obiettivo. La regola di diligenza enuncia la prevedibilità ed evitabilità del pericolo, cui determinati beni sarebbero esposti in caso di sua trasgressione. Quanto al contenuto delle regole di diligenza, esso può tradursi in obbligo di informarsi, obbligo di agire con cautela, obbligo di astenersi del tutto dall’agire.

La dottrina ha individuato due categorie di limiti al dovere di diligenza, il rischio consentito e il principio di affidamento e comportamento del terzo.

Per quanto riguarda gli atti incoscienti, dovuti a ragioni fisiologiche o patologiche, dovrà aversi riguardo non agli atti in se stessi, ma al comportamento volontario antecedente alla loro realizzazione, al fine di verificare se tale attività configuri essa stessa la condotta tipica di reato.

Ai fini del giudizio sulla responsabilità colposa, si afferma la necessità di un rapporto di causalità tra condotta ed evento.

Si distinguono diverse tipologia di colpa:

  • colpa generica: Il parametro è il soggetto di normale diligenza e capacità che opera nelle stesse condizioni dell’agente, il rispetto della regola di diligenza, sarà esigibile nei limiti in cui l’evento era prevedibile ed evitabile da tale agente modello.

  • colpa specifica: In genere la violazione della regola cautelare è sufficiente all’affermazione della colpevolezza dell’agente.

  • colpa cosciente: Ricorre allorchè l’agente non vuole commettere il reato, ma prevede come possibile la verificazione dell’evento; tale tipo di colpa si distingue dal dolo eventuale in quanto il soggetto agisce con certezza che l’evento dannoso o pericoloso non si verificherà.

  • colpa incosciente: Si ha quando l’agente agisce con imprudenza o negligenza o imperizia o violando norme cautelari, ma non prevede di causare con il proprio comportamento un evento antigiuridico.

  • colpa propria: In essa rientrano i casi nei quali si riscontra la caratteristica tipica della colpa, la mancanza di volontà dell’evento.

  • colpa impropria: Sono espressione della colpa impropria quei casi eccezionali in cui l’evento è voluto, ma l’agente risponde di reato colposo, ossia l’eccesso colposo nelle cause di giustificazione, l’erronea supposizione della presenza di cause di giustificazione e l’errore di fatto determinato dalla colpa.

La previsione rappresenta una circostanza aggravante del delitto colposo.

LA PRETERINTENZIONE

Il delitto è preterintenzionale quando dall’azione od omissione deriva un evento dannoso o pericoloso più grave di quello voluto dall’agente. Nel delitto preterintenzionale, si individua la volontà di un evento minore che ne rappresenta la base dolosa e la non volontà di un evento più grave che è pur sempre conseguenza della condotta dell’agente.

Nell’omicidio preterintenzionale, il rapporto di causalità va identificato in una successione necessaria e uniforme, non è sufficiente che l’azione del colpevole si ponga come antecedente causale dell’evento ma è necessario che ne costituisca un antecedente idoneo e adeguato a produrlo.

 

LA RESPONSABILITA’ OGGETTIVA

L’art. 42 c.p. fissa al primo comma, la regola per cui nessuno può essere punito per un’azione od omissione se non l’ha commessa con coscienza e volontà ed al secondo comma quella per cui, ai fini della punibilità è richiesto il dolo, salvo i casi espressamente previsti dalla legge di delitto preterintenzionale o colposo. Il terzo comma dice che la legge determina i casi nei quali l’evento è posto altrimenti a carico dell’agente, come conseguenza della sua azione od omissione.

La dottrina ritiene che tale previsione preveda la c.d. responsabilità oggettiva, cioè quella forma di responsabilità attribuita solo in base al rapporto di causalità.

La responsabilità oggettiva è pura, in cui il fatto è attribuito sulla base del rapporto di causalità, oppure è spuria o mista a dolo o colpa, in cui alla base dell’attribuzione del fatto vi è sempre una fattispecie dolosa o colposa.

I DELITTI AGGRAVATI DALL’EVENTO

Sono quei delitti che subiscono un aumento di pena quando oltre all’evento tipico se ne produca uno ulteriore posto a carico dell’agente sulla sola base del nesso di causalità, come ad esempio la calunnia, la morte o lesione della donna come conseguenza dell’aborto, la lesione personale derivante dall’abuso di mezzi di correzione.

I delitti aggravati dall’evento si distinguono tra quelli in cui è indifferente che l’evento ulteriore sia voluto o non voluto e delitti in cui l’evento più grave deve necessariamente essere non voluto.

RESPONSABILITA’ PER I REATI DI STAMPA
Salva la responsabilità dell’autore delle pubblicazione e fuori dei casi di concorso il direttore o il vicedirettore responsabile, il quale omette di esercitare sul contenuto del periodico da lui diretto il controllo necessario ad impedire che col mezzo della pubblicazione siano commessi reati, è punito a titolo di colpa, se un reato è commesso con la pena stabilita per tale reato diminuita in misura non eccedente di un terzo.

Per i reati commessi a mezzo stampa, per il direttore si rinviene una responsabilità per fatto proprio omissivo colposo, concorrente con la responsabilità dell’autore.

Per la sussistenza della responsabilità penale, sarà necessario accertare non solo la violazione dell’obbligo di controllo ma anche se tale omissione sia dovuta a negligenza di quest’ultimo. Nel caso in cui la violazione dell’obbligo di controllo sia dolosa, il direttore risponderà a titolo di concorso nel reato commesso dall’autore della pubblicazione.

In dottrina si è escluso che il direttore di testate online possa essere responsabile per il reato di omesso controllo, ex. art. 57 c.p., in quanto mancano due requisiti fondamentali, ovvero che vi sia un riproduzione topografica e che il prodotto sia destinato alla pubblicazione e quindi debba essere effettivamente distribuito tra il pubblico.

 

RESPONSABILITA’ SPACCIATORE PER MORTE TOSSICO

Lo spacciatore risponde del D.P.R. n.309/1990. In caso di morte del tossico, risponderà ai sensi degli artt. 586 e 589 c.p., morte come conseguenza di altro delitto e  omicidio colposo.

La morte dell’assuntore di sostanza è imputabile alla responsabile del cedente sempre che sussistano, un nesso di causalità materiale fra condotta ed evento lesivo, la colpa in concreto per violazione di una regola precauzionale e la prevedibilità ed evitabilità dell’evento, da valutarsi alla stregua dell’agente modello razionale.

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