13. Delitti contro il patrimonio
DELITTI CONTRO IL PATRIMONIO - TITOLO XIII (artt. 624-649 c.p.): CONCETTI GENERALI
In passato si contrapponevano due principi, la concezione privatisitica, che rinviava integralmente al diritto privato e la concezione autonomistica, secondo la quale gli istituti civilistici, se richiamati dall’ordinamento penale, assumono in esso un significato autonomo. Attualmente sembra prevalere una tesi intermedia, che impone di accogliere l’interpretazione che appare conforme allo scopo delle norme incriminatrici e alle esigenze proprie del diritto penale.
Quanto alla nozione di patrimonio recepiscono il concetto privatistico di patrimonio, inteso come il complesso dei rapporti giuridici, economicamente valutabili, che fanno capo ad una persona. Nel concetto di patrimonio si fa riferimento ai diritti reali, di credito, il possesso, le aspettative, alle cose possedute e alle cose di valore soltanto affettivo. L’altruità della cosa è richiesta per tutti i delitti aventi per oggetto non l’intero patrimonio, ma una cosa determinata. In dottrina l’espressione cosa altrui va intesa nel senso di cosa di proprietà di altri. La nozione profitto va intesa in senso ampio, non soltanto come vantaggio economico, ma anche come soddisfazione o piacere, che l’agente disponendo della cosa, conservandola o servendosene, intende ottenere dalla propria azione criminosa. Il possesso è l’elemento strutturale più importante dei reati contro il patrimonio, esso rileva per la distinzione tra alcuni reati e per la determinazione del momento di consumazione del reato; in giurisprudenza si propone di dilatare la nozione civilistica di possesso, in modo da comprendervi tutti i casi in cui, la signoria di fatto sulla cosa, si esercita in modo autonomo, vale a dire al di fuori della diretta sorveglianza di una persona, che abbia sulla medesima cosa un potere giuridico maggiore (ad esempio, possessori, depositario, locatore). Diversa è l’ipotesi della detenzione, che si avrà nelle ipotesi nelle quali, il potere di fatto sulla cosa si esplica entro la sfera di custodia e vigilanza, di chi ha su di essa un potere maggiore (ad esempio, detentori, i domestici, gli ospiti se sono in casa, il commesso che esplica le sue mansioni sotto la sorveglianza dell’imprenditore).
Secondo l’accezione comune, per cosa si intende ogni oggetto del mondo esteriore diversa dall’uomo, giuridicamente è tutto ciò che può formare oggetto di diritto patrimoniale, ovvero tutto ciò che ha autonomo valore ed è suscettibile di appropriazione. E’ considerata cosa mobile l’energia elettrica, mentre non sono considerate cosa, la luce e l’acqua in quanto non suscettibili di appropriazione. Per quanto riguarda il corpo umano vivo, sono considerate cosa le parti staccate dal corpo (ad esempio, capelli, unghie, denti).
Il danno è il requisito implicito di tutti i delitti contro il patrimonio e consiste in una qualsiasi riduzione del patrimonio. Per quanto riguarda le cose che presentano una valenza sentimentale, questa non avrà un contenuto economico, sarà rilevante ai fini del risarcimento che si fonderà sul c.d. danno morale.
I reati contratto consistono nella stipula di un contratto illecito, avente un oggetto che la legge dichiara incommerciabile (ad esempio, armi, droga), mentre i reati in contratto sono quelli nei quali viene ritenuto rilevante il comportamento non corretto del soggetto agente, nella fase di perfezionamento del contratto.
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FURTO (artt. 624-625 c.p.)
Consiste nel fatto di chiunque si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per se o per altri. Il bene giuridico tutelato è individuabile non solo nella proprietà o nei diritti reali personali o di godimento, ma anche nel possesso, che si configura anche in assenza di un titolo giuridico o persino quando esso si costituisce in modo illecito o clandestino.
Soggetto attivo può essere chiunque, soggetto passivo è il possessore della cosa mobile sottratta, oggetto materiale dell’azione è una cosa mobile altrui, che può avere anche solo un valore affettivo e non pecuniario; in dottrina si tende a dare anche un valore di speciale tenuità, per la configurazione del reato. L’elemento oggettivo del reato consiste nell’impossessamento della cosa mobile altrui, mediante sottrazione al possessore o al detentore. Per il momento consumativo sono superate le ipotesi di amotio (occorre che la cosa sia spostata), ablatio (la cosa deve essere spostata fuori dalla sfera di custodia del detentore) e illazione (la cosa deve essere portata nel luogo prestabilito dal ladro).
Secondo parte della dottrina, l’impossessamento equivale alla sottrazione, pertanto si è inclini a ritenere che la consumazione del reato abbia luogo non appena il detentore sia stato spogliato della cosa, perdendone la disposizione fisica; altra parte della dottrina osserva che l’impossessamento (acquisto di un potere autonomo sulla cosa) deve essere considerato un momento successivo e cronologicamente autonomo rispetto alla sottrazione (privazione dell’altrui possesso). Impossessamento e sottrazione non sono termini necessariamente correlativi, visto che può esserci uno e mancare l’altro (ad esempio, ladro getta da un camion in corsa dei sacchi perché vengano raccolti dai complici). La sottrazione avviene in un momento anteriore e l’impossessamento può anche mancare se i complici non raccolgono i sacchi, dando luogo così ad un tentativo di furto. Secondo una sentenza della Cassazione, per configurare il furto consumato è sufficiente che la cosa sottratta sia passata, anche per breve tempo, sotto l’autonoma disponibilità dell’agente (ad esempio, ladro di auto che si allontana per pochi metri). In tema di supermercati la dottrina è contrastante: la giurisprudenza della Cassazione ritiene consumato il furto nel momento in cui il cliente, prelevata la merce dai banchi di vendita, la occulta sulla propria persona, perché è in tale momento che il possesso illecito è da lui acquisito, risponderà quindi di furto consumato anche prima di passare per la cassa, mentre il furto si configura solo come tentato, se a tutte le fasi di occultamento ha assistito il commerciante o la persona incaricata alla sorveglianza, si da poterla interrompere in ogni momento. Parte della dottrina, ritiene invece il furto consumato con il passaggio dalla cassa.
L’elemento psicologico richiesto è il dolo specifico, ovvero la coscienza e volontà della condotta tipica, compiuta al fine di trarre profitto dalla cosa per se o per altri. Gli artt. 625-626 c.p. disciplinano le circostanze aggravanti del furto e le ipotesi di furto d’uso, ossia: furto per bisogno grave e urgente, spigolamento, rastrellamento e raspollatura abusivi.
Ai sensi dell’art. 625 c.p. il furto è aggravato se il colpevole si introduce in abitazione, usa violenza sulle cose o si avvale di un qualsiasi mezzo fraudolento, se il colpevole porta addosso armi o narcotici, senza farne uso, se il fatto è commesso con destrezza, se il fatto è commesso da 3 o più persone, ovvero anche da una sola che sia travisata o simuli la qualifica di P.U. o incaricato di pubblico servizio, se il fatto è commesso sul bagaglio dei viaggiatori in ogni specie di veicolo, nelle stazioni, scali, banchine, negli alberghi o in altri esercizi commerciali ove si somministrano cibo o bevande, se il fatto è commesso su cose esistenti in uffici, stabilimenti pubblici o sottoposte a sequestro, pignoramento, o esposte per necessità o per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede, o destinate al pubblico servizio o a pubblica utilità, difesa o reverenza, se il fatto è commesso su componenti metalliche o altro materiale, sottratto ad infrastrutture destinate all’erogazione dell’energia, di servizi di trasporto, di telecomunicazioni o di altri servizi pubblici e gestite da soggetti pubblici o da privati in regime di concessione pubblica, se il fatto è commesso su 3 o più capi di bestiame, raccolti in gregge o mandria, ovvero su animali bovini o equini non raccolti in mandria, se il fatto è commesso su mezzi pubblici di trasporto, se il fatto è commesso nei confronti di persona che si trovi nell’atto di fruire ovvero che abbia appena fruito, dei servizi di istituto di credito, uffici postali o sportelli automatici adibiti al prelievo di denaro.
La pena per il furto semplice è la reclusione da 6 mesi a 3 anni e la multa da 154 a 516 Euro, per furto aggravato se ricorre solo un aggravante, la pena è la reclusione da 1 a 6 anni e della multa da 103 a 1032 Euro, se concorrono più aggravanti la pena è della reclusione da 3 a 10 anni e della multa da 206 a 1549 Euro. E’ previsto l’arresto obbligatorio in flagranza per furto in abitazione, arresto facoltativo in flagranza negli altri casi, è consentito il fermo, è competente il Tribunale Monocratico e si procede a querela.
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FURTO IN ABITAZIONE E FURTO CON STRAPPO (art. 624bis c.p.)
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Furto in abitazione: ne risponde chiunque si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per se o per altri, mediante introduzione in un edificio o in luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora o nelle pertinenze di essa. Per la configurabilità del reato è sufficiente l’introduzione nel luogo destinato ad essere abitato ed è necessario un nesso finalistico, fra l’ingresso in abitazione e l’impossessamento della cosa mobile.
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Furto con strappo: ne risponde chiunque si impossessa della cosa mobile altrui, al fine di trarne profitto per se o per altri, strappandola di mano o di dosso alla persona. Il fatto materiale deve concretizzarsi con un atto violento esercitato su di un oggetto, che viene improvvisamente strappato dalla persona.
Entrambe le fattispecie hanno come elementi strutturali oggettivi la sottrazione, l’impossessamento della cosa mobile altrui e come elementi soggettivi, il fine di profitto per se o per altri.
La pena è la reclusione da 1 a 6 anni con la multa da 309 a 1032 Euro, se il furto è aggravato la pena è la reclusione da 3 a 10 anni e la multa da 206 a 1549 Euro. Arresto obbligatorio in flagranza, salvo l’aver agito per motivi di particolare valore morale o sociale (art. 62 comma 1 c.p.), il fermo è consentito solo nei casi aggravati, si procede d’ufficio ed è competente il Tribunale monocratico.
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RAPINA (art. 628 c.p.)
Commette il reato di rapina propria, chiunque per procurare a se o ad altri ingiusto profitto, mediante violenza alla persona o minaccia, si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene.
Commette il reato di rapina impropria, chiunque adopera violenza o minaccia immediatamente dopo la sottrazione, per assicurare a se o ad altri il possesso della cosa sottratta o per procurare a se o ad altri l’impunità.
E’ un reato complesso, fondato su due figure criminose autonome: furto e violenza privata.
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RAPINA PROPRIA (art. 628 comma 1 c.p.)
Soggetto attivo del reato è chiunque, oggetto materiale è la cosa mobile altrui, l’azione criminosa è identica a quella del furto con l’aggiunta di minaccia o violenza. Secondo la giurisprudenza affinché si configuri la minaccia, è sufficiente che il pregiudizio minacciato, con parole o con atti, in modo espresso o tacito, sia idoneo a produrre normalmente l’effetto di turbare o diminuire la libertà psichica o morale della vittima, senza che occorra che tale effetto si sia realmente verificato. La violenza deve essere contro una persona, se sarà contro una cosa vi sarà furto con strappo. Tra violenza o minaccia ed impossessamento deve esserci un nesso di causalità. La rapina propria si consuma con l’avvenuto impossessamento della cosa da parte dell’agente; è previsto il tentativo quando la direzione univoca degli atti renda manifesta la volontà di conseguire l’intento, non conseguito per ragioni indipendenti dalla volontà dell’agente.
L’elemento soggettivo è costituito da dolo specifico, consiste nella coscienza e volontà di impossessarsi della cosa mobile altrui, sottraendola al detentore, accompagnata dalla coscienza e volontà di adoperare a tale scopo violenza o minaccia.
La rapina è aggravata se la violenza o minaccia sono commesse con armi, da persona travisata o da più persone riunite, se la violenza consiste nel porre taluno in stato di incapacità di volere o di agire, se la violenza o minaccia è posta in essere da appartenente ad associazione di stampo mafioso, se commessa mediante introduzione in edificio o in luogo destinato a privata dimora, se commessa su mezzi pubblici, nei pressi delle banche. Il decreto antifemminicidio e anti violenza in genere ha introdotto come aggravanti il fatto commesso in luoghi tali da ostacolare la pubblica o privata difesa e nei confronti di ultra 65enni.
La pena è la reclusione da 3 a 10 anni e la multa da 516 a 2065 Euro, per rapina aggravata reclusione da 4 anni e 6 mesi a 20 anni e della multa da 1032 a 3098 Euro. E’ previsto l’arresto obbligatorio in flagranza, il fermo è consentito, si procede d’ufficio, è competente il Tribunale Monocratico e quello collegiale per la rapina aggravata.
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RAPINA IMPROPRIA (art. 628 comma 2 c.p.)
In giurisprudenza è pacifica l’opinione che l’avverbio immediatamente, non deve essere interpretato in senso rigorosamente letterale, bensì nel senso che la sottrazione della cosa o la violenza o minaccia, vi sia uno stretto legame psicologico e temporale. La violenza o minaccia possono essere esercitate sia contro la vittima che contro terzi, che comunque potrebbe determinare la perdita del possesso della cosa sottratta.
La rapina impropria si consuma nel momento in cui viene usata violenza o minaccia a seguito della sottrazione, è configurabile il tentativo nel caso in cui l’agente, dopo aver commesso atti idonei all’impossessamento della cosa altrui, non portati a compimento per cause indipendenti dalla propria volontà, adoperi minaccia o violenza per assicurarsi l’impunità. Il dolo della rapina impropria è specifico, in quanto ne è elemento costitutivo lo scopo di assicurare a se o ad altri il possesso della cosa sottratta o di procurarsi l’impunità. Le pene sono le stesse della rapina propria.
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ESTORSIONE (art. 629 c.p.)
Ne risponde chiunque, mediante violenza o minaccia, costringe taluno a fare od omettere qualcosa, procurando a se o ad altri, ingiusto profitto con altrui danno. Oggetto specifico della tutela è l’inviolabilità del patrimonio, se commessa da P.U. si configura il reato di concussione. Elemento materiale è la minaccia o la violenza, che devono essere usate dall’agente per costringere la vittima a compiere un atto di disposizione patrimoniale e l’ingiusto profitto e l’altrui danno. Il profitto è qualsiasi utilità anche non patrimoniale, che produca al reo un vantaggio. La Cassazione individua l’ingiusto profitto in qualsiasi vantaggio, non solo di tipo economico, che l’autore intenda conseguire e che non si collega ad un diritto o è perseguito con uno strumento antigiuridico o legale ma con scopo diverso. Ingiusto deve essere il profitto e non il danno.
Il delitto di estorsione si consuma nel momento in cui l’autore consegue un ingiusto profitto con altrui danno, non occorre che l’agente abbia ottenuto il vantaggio sperato, si ha tentativo nel caso in cui alla violenza o minaccia non segua l’evento desiderato; l’idoneità della minaccia va valutata obiettivamente, non rileva che il soggetto passivo non si sia intimorito ed abbia sporto denuncia.
La Cassazione ha stabilito che il dolo richiesto è generico, in quanto il procurare a se od altri ingiusto profitto con altrui danno, rappresenta un elemento della fattispecie oggettiva. Le circostanze aggravanti sono le stesse previste per la rapina, dalla quale si differenzia in quanto nella rapina è l’agente che si impossessa della cosa o costringe in maniera assoluta la vittima a consegnarla, nell’estorsione manca un costringimento assoluto della vittima, alla quale non è del tutto tolta la facoltà di scelta del comportamento da tenere.
La pena per estorsione semplice è la reclusione da 5 a 10 anni e la multa da 1000 a 4mila Euro, per l’estorsione aggravata la reclusione è da 6 a 20 anni e multa da 5mila a 15mila Euro.
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DANNEGGIAMENTO (art. 635 c.p.)
Ne risponde chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende inservibili cose mobili o immobili altrui. Il nuovo danneggiamento, infatti, riforma completamente questo reato, che prevede ora tre condizioni alternative tra loro:
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il danneggiamento deve avvenire con minaccia o violenza alla persona;
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il danneggiamento deve avvenire durante una manifestazione che si svolga in un luogo pubblico o aperto al pubblico;
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il danneggiamento deve avvenire in occasione del delitto ex art. 331 c.p. (ovvero interruzione di un servizio pubblico o di pubblica necessità).
Il c.d. “danneggiamento semplice” (previsto dall’art. 635 c.p. ante riforma), perciò, smette di costituire reato, tranne per alcuni casi particolari (già previsti con pena più severa) in cui non sono necessarie le tre condizioni di cui sopra:
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se ad esser danneggiati sono immobili pubblici o religiosi o di pregio particolare;
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se sono danneggiate opere destinate all’irrigazione;
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se sono danneggiate piante, arbusti, viti, foreste, boschi, selve destinate al rimboschimento ovvero vivai forestali;
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se sono danneggiate attrezzature e impianti sportivi al fine di evitare lo svolgimento (o interromperlo) di manifestazioni sportive.
Le pene, d’altro canto, subiscono un forte irrigidimento: la pena prevista ora è la reclusione fino a 3 anni (risulta pertanto triplicato rispetto alla vecchia norma), mentre la sospensione condizionale della pena è subordinata a due condizioni alternative:
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il danneggiante deve eliminare le conseguenze dannose o pericolose del reato;
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deve prestare attività non retribuita utile alla collettività per un tempo determinato (ma comunque non superiore alla pena prevista).
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TRUFFA (art. 640 c.p.)
Ne risponde chiunque con artifici o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a se o ad altri, ingiusto profitto con altrui danno. Il nucleo essenziale del delitto è l’inganno, sulla cui base la vittima viene indotta dall’agente a compiere un atto che comporta una diminuzione del suo patrimonio, che non avrebbe compiuto, senza la frode dell’agente. Scopo della norma è la tutela della libertà del consenso, nei negozi patrimoniali. L’artificio si sostanzia nel far apparire come vera una situazione non riscontrabile nella realtà, il raggiro consiste in un discorso o ragionamento teso a produrre un falso convincimento della vittima. Menzogna, silenzio e reticenza possono costituire condotta fraudolenta.
Gli artifici o raggiri devono avere come conseguenza l’induzione in errore della persona, consistente nella positiva certezza da parte di quest’ultima dell’esistenza di una situazione che in realtà non esiste. A seguito dell’artificio o raggiro, la vittima deve compiere un atto di disposizione patrimoniale, requisito implicitamente supposto nella norma. Per la configurazione del reato occorre un nesso di causalità tra artifici o raggiri e la determinazione del consenso del truffato all’atto dispositivo, che può avere ad oggetto qualsiasi elemento del patrimonio e che può avere anche carattere omissivo, come la mancata riscossione di un credito e che deve procurare alla vittima un danno patrimoniale. Tale danno deve avere sempre natura patrimoniale, che si configura sia con la perdita di un bene patrimoniale che col mancato acquisto di una utilità economica, che il soggetto passivo si riprometteva dalla prestazione carpitagli. Il delitto di truffa non viene meno se sia stata la stessa vittima a rivolgersi al colpevole.
Al danno della vittima, deve corrispondere un ingiusto profitto per l’ingannatore o altri, è ingiusto il profitto che non è in alcun modo tutelato dall’ordinamento giuridico. In tema di ingiusto profitto, la giurisprudenza ha ritenuto sussistere la truffa nei confronti dei c.d. pataccari (nel gioco delle c.d. tre carte), chi presentando falsi certificati alla P.A., si fa assumere in un impiego e chi si sottragga al pagamento delle relative imposte, esibendo false attestazioni doganali.
Il delitto di truffa si consuma nel momento in cui l’agente consegue l’ingiusto profitto con altrui danno, anche se il profitto non corrisponda in toto alla previsione. Anche se il maltolto viene immediatamente restituito, essendo reato istantaneo, si configura lo stesso, ed è previsto il tentativo. Il dolo nella truffa sta nella volontarietà del fatto, nella cosciente direzione della condotta a trarre in inganno la vittima e a determinare un ingiusto profitto con altrui danno. Il dolo, che deve accompagnare tutto l’iter criminoso dall’inizio alla fine, è escluso oltre che dall’errore di fatto, anche dalla mancata consapevolezza del carattere frodatorio del mezzo usato, dall’ingiustizia del profitto o dal danno che ne deriva.
La truffa è aggravata se il fatto è commesso a danno dello Stato o altro ente pubblico o col pretesto di far esonerare qualcuno dal servizio militare, se il fatto è commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l’erroneo convincimento di dovere eseguire un ordine dell’autorità, se il fatto è commesso avendo approfittato di circostanze di tempo, luogo o persona, anche in riferimento all’età, tali da ostacolare pubblica o privata difesa.
La pena per il delitto di truffa è la reclusione da 6 mesi a 3 anni con multa da 51 a 1032 Euro, se aggravata da 1 a 5 anni, multa da 309 a 1549 Euro, è previsto l’arresto facoltativo in flagranza, il fermo non è consentito, è competente il Tribunale Monocratico, si procede a querela o d’ufficio per la truffa aggravata.
Con il termine truffa processuale ci si riferisce a tutti quei casi in cui una delle parti di un giudizio civile, inducendo in inganno il giudice con artifici o raggiri, ottenga un giudizio a lui favorevole; la giurisprudenza ritiene però inammissibile la truffa processuale in quanto, punendo condotte tese ad ingannare il giudice si risponde di frode processuale.
Si distinguono poi:
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Truffa nei rapporti illeciti o immorali: è ammissibile la truffa, nel caso in cui il truffato sia stato spinto da fini illeciti;
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Truffa in danno di imprese erogatrici di energia elettrica: ne risponde chi altera il contatore dell’energia elettrica (è procedibile d’ufficio);
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Frode in danno di assicurazioni: se un terzo estraneo, in presenza di regolare contratto tra agente e assicurazione, simula un infortunio, senza che l’assicurato ne sia consapevole, il terzo risponderà di truffa (art. 642 c.p.; arresto facoltativo in flagranza, reclusione da 1 a 5 anni, procedibile a querela). Non è richiesto l’effettivo perseguimento dell’intento avuto di mira.
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USURA (art. 644 c.p.)
Sono previste due figure delittuose:
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la prestazione usuraria: consiste nel farsi dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per se o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o altra utilità, interessi o altri vantaggi usurari;
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la mediazione usuraria: consiste nel procurare a taluno una somma di denaro o altra utilità, facendo dare o promettere, a se o altri, per la mediazione, un compenso usurario.
E’ irrilevante lo stato soggettivo della vittima, non è necessario che questi si trovi in stato di bisogno e non è necessario che l’autore dell’illecito approfitti dell’altrui stato di bisogno. Per la sussistenza del reato, è necessario che i vantaggi o compensi dati o promessi, siano usurari rispetto alla prestazione di dare o procurare denaro o altra utilità; è previsto un tasso di interesse limite, superato il quale deve considerarsi usurario, tale limite è aumentato di un quarto, cui si aggiunge un margine di ulteriori 4 punti percentuali. La differenza tra il limite ed il tasso medio, non può essere superiore agli 8 punti percentuali, per l’entità del tasso si deve tenere conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate all’erogazione del credito. Banche ed intermediari finanziari sono obbligati ad affiggere nelle proprie sedi la classificazione delle operazioni e la rilevazione dei tassi medi, effettuate dal Ministero del Tesoro.
Il comma 3 dell’art. 644 c.p. dispone che sono altresì usurari gli interessi anche se inferiori a tale limite e gli altri vantaggi o compensi che, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto o al tasso medio praticato per operazioni similari, risultano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o altra utilità, quando chi li ha dati o promessi, si trovi in condizioni di difficoltà economica o finanziaria.
Il dolo nel reato di usura è costituito dalla coscienza e volontà di percepire interessi, vantaggi o compensi usurari, la prescrizione del reato di usura decorre dal giorno dell’ultima riscossione, sia degli interessi che del capitale. La consumazione non può dirsi realizzata solo con la pattuizione usuraria, la giurisprudenza è in disaccordo sull’eventualità del tentativo. Le cose collegate all’usura sono oggetto di confisca, anche in caso di patteggiamento, ma deve essere limitata al valore degli interessi o altri vantaggi usurari, inoltre la confiscadetermina l’acquisizione allo Stato dei beni del reo oggetto del vincolo, ma non deve pregiudicare le aspettative di restituzione di somme o beni o del risarcimento del danno, da parte della vittima.
L’usura è aggravata se il colpevole ha agito nell’esercizio di un’attività professionale, bancaria o di intermediazione finanziaria mobiliare, se ha richiesto in garanzia partecipazioni o quote societarie o aziendali o proprietà immobiliari, se il reato è commesso in danno di chi si trova in stato di bisogno, se è commesso in danno di chi svolge attività imprenditoriale, professionale o artigianale, se commesso da persona sottoposta a sorveglianza speciale.
La pena è la reclusione da 2 a 10 anni, multa da 5mila a 30mila Euro, se aggravata la pena è aumentata da un terzo alla metà, è previsto l’arresto facoltativo in flagranza, è consentito il fermo, si procede d’ufficio ed è competente il Tribunale Collegiale.
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RICETTAZIONE (art. 648 c.p.)
Ne risponde chi, al fine di procurare a se o altri, un ingiusto profitto, acquista, riceve od occulta denaro o cose, provenienti da un qualsiasi delitto o comunque si intromette nel farli ricevere, acquistare od occultare; è punito con la reclusione da 2 a 8 anni e la multa da 516 a 10329 Euro, la pena è aumentata quando cose o denaro derivino da delitto di rapina aggravata, estorsione aggravata o furto aggravato, la pena è la reclusione fino a 6 anni in casi di particolare tenuità. Tale disposizione si applica anche quando l’autore del delitto da cui provengono le cose o il denaro, non è imputabile o punibile o manchi una condizione di procedibilità. E’ previsto l’arresto facoltativo in flagranza (obbligatorio se legata a rapina, furto o estorsione aggravata), si procede d’Ufficio, è competente il Tribunale Monocratico, il fermo non è consentito per i casi di speciale tenuità.
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RICICLAGGIO (art. 648bis c.p.)
Ne risponde chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni o altra utilità, provenienti da delitto non colposo, ovvero compie in relazione ad essi, altre operazioni, in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa, è punito con la reclusione da 4 a 12 anni e la multa da 1032 a 15493 Euro, la pena è aumentata se commesso nell’esercizio di una attività professionale, la pena è diminuita se denaro o beni, provengano da delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione inferiore nel massimo a 5 anni. E’ previsto l’arresto facoltativo in flagranza, consentito il fermo, si procede d’ufficio ed è competente il Tribunale Collegiale.