3. Delitti contro amministrazione giustizia
DELITTI CONTRO AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA - TITOLO III (artt. 361-401 c.p.)
L’amministrazione della giustizia è il potere giurisdizionale dello Stato, ovvero quel potere statale, avente per oggetto il mantenimento, l’accertamento e l’attuazione del diritto.
I delitti contro l’amministrazione della giustizia sono stati oggetto di correttivi con la L. n.237/2012 con l’intento di adeguare il nostro sistema penale ai dettami della Corte penale internazionale, un organismo di giustizia internazionale, il cui statuto, firmato a Roma nel 1998 è entrato pienamente in vigore a Luglio 2002, è competente a giudicare crimini internazionali, che ledono gli interessi fondamentali della comunità e costituiscono gravi violazioni del diritto internazionale (ad esempio, genocidio, crimini di guerra). Ai fini della punibilità, non è necessario che l’amministrazione della giustizia venga effettivamente lesa, essendo sufficiente che sia messa in pericolo dalla condotta dell’agente.
​
SIMULAZIONE DI REATO (art. 367 c.p.)
Chiunque, con denuncia, querela, richiesta o istanza, anche se anonima o sotto falso nome, diretta all’Autorità giudiziaria o ad altra Autorità che a quella abbia obbligo di riferirne, afferma falsamente essere avvenuto un reato, ovvero simula le tracce di un reato, in modo che si possa iniziare un procedimento penale per accertarlo, è punito con la reclusione da uno a tre anni.
Per l'integrazione dell'elemento soggettivo del delitto di simulazione di reato è sufficiente il dolo generico, ovvero la coscienza e volontà di affermare falsamente l'avvenuta consumazione di un reato, risultando invece irrilevante il movente del delitto.
Affinchè sussista l'ipotesi di simulazione di reato è necessario che la falsa denuncia di reato determini l'astratta possibilità di un'attività degli organi inquirenti diretta all'accertamento del reato denunciato, conseguendone l'insussistenza dell'illecito penale quando essa, per la sua intrinseca inverosimiglianza o per il modo della sua proposizione o per l'atteggiamento tenuto dal denunciante, susciti l'immediata incredulità ed il sospetto degli organi che la ricevono, che si determinano al compimento di indagini al solo fine di stabilirne la veridicità e non già per accertare i fatti denunciati.
La falsa denuncia che integra l'elemento oggettivo del reato di cui all'art. 367 c.p. può essere formulata con qualunque atto idoneo a provocare investigazioni, ed è quindi sufficiente anche una comunicazione telefonica.
Sussiste il delitto di simulazione di reato e non quello di calunnia qualora il reato falsamente denunciato sia genericamente attribuibile ad un qualsiasi, non identificato soggetto determinato o determinabile in base agli elementi ricavabili dalla stessa denuncia.
Per ritenere configurabile la calunnia indiretta occorre che la falsa incolpazione sia idonea, per modalità e circostanze sottese alla falsa attribuzione del fatto reato, ad esprimere l'univoca riferibilità dell'accusa ad una persona reale e determinata o determinabile, nel senso che questa e soltanto questa risulti essere la persona cui attribuire il fatto illecito denunciato, pur in difetto di una formulazione nominativa dell'accusa. Quando, invece, il reato risulti genericamente attribuibile ad una qualunque persona ("quisque de populo") sconosciuta (ignota) ed in nessun modo individuabile in base agli elementi addotti nella falsa denuncia, diviene configurabile la diversa fattispecie della simulazione di reato punita dall'art. 367 c.p.
In tema di delitto di simulazione, la ritrattazione successiva all'avvio delle investigazioni dà luogo al ravvedimento operoso solo se elida o attenui efficacemente le conseguenze del fatto e non quando avvenga a tale distanza dalla falsa denuncia da non arrecare alcun efficace contributo alle indagini, avendo già l'autorità investigativa ricostruito autonomamente la consistenza dei fatti.
​
​
CALUNNIA (art. 368 c.p.)
Scopo dell’incriminazione è che la macchina della giustizia non sia fatta lavorare inutilmente. Risponde di tale delitto, chiunque con denuncia, querela, richiesta o istanza, anche se anonima o sotto falso nome, diretta all’Autorità Giudiziaria, incolpa di reato taluno che egli sa innocente, ovvero simula a carico di lui le tracce di un reato. L’oggetto giuridico della tutela è il buon funzionamento dell’amministrazione della giustizia, la libertà e l’onore dell’incolpato innocente.
Quanto alla condotta, la calunnia può essere diretta (ovvero incolpare qualcuno di un reato, sapendo che questo è innocente mediante denuncia, querela, istanza), oppure reale (quando la falsa accusa viene attuata, con simulazione a carico di taluno, delle tracce di un reato). L’accusa deve riguardare una persona innocente, intesa sia quando non ha commesso il fatto che quando lo ha commesso, in circostanze che lo escludono. La calunnia si configura anche quando viene attribuito un reato diverso da quello realmente accaduto.
E’ considerato un reato di pericolo, si realizza ove esiste la possibilità di avvio di indagini preliminari, non vi è calunnia se la denuncia è grossolanamente falsa o inverosimile, la fattispecie è configurabile anche quando non sia menzionato il soggetto nella denuncia, ma sia facilmente individuabile. Il dolo è generico e consiste nella coscienza e volontà di incolpare di reato una persona che sa di essere innocente, consapevolezza evincibile dalle circostanze e dalle modalità esecutive che definiscono l’azione criminosa.
Il delitto è aggravato se si incolpa taluno di un reato per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione, superiore nel massimo a 10 anni. La reclusione è da 4 a 12 anni se dal fatto deriva condanna alla reclusione superiore a 5 anni, la reclusione è da 6 a 20 anni se dal fatto deriva una condanna all’ergastolo. Il delitto è attenuato, se la calunnia concerne un fatto preveduto dalla legge come contravvenzione, la pena è della reclusione da 2 a 6 anni. Arresto obbligatorio e fermo consentito. Competente è il Tribunale monocratico.
​
FALSE INFORMAZIONI AL P.M. (art. 371bis c.p.)
Ne risponde chiunque nel corso di un procedimento penale, richiesto dal P.M. di fornire informazioni ai fini dell’indagine, rende dichiarazioni false ovvero tace, in tutto o in parte, ciò che sa intorno ai fatti sui quali viene sentito.
Taluno lo prevede come reato comune, in quanto è possibile per chiunque commetterlo, altri lo vedono come reato proprio esclusivo, essendo necessario l’acquisto formale della qualità di persona informata sui fatti.
Il delitto si consuma appena l’informatore ha reso la sua dichiarazione, essendo questo un reato di pericolo, è un delitto istantaneo per il quale non è previsto il tentativo. L’eventuale procedimento resta sospeso fino a quando non sia stata pronunciata sentenza di primo grado, ovvero sia stato definito con procedimento di archiviazione o di non luogo a procedere
Il dolo è generico, consiste nella coscienza e volontà di rendere falsa dichiarazione, ovvero di tacere ciò che sa, il movente è irrilevante. La punibilità è esclusa quando ha agito per necessità di salvamento, ovvero quando è commesso da chi per legge non avrebbe dovuto essere richiesto di dare informazioni, ovvero non avrebbe potuto essere obbligato a deporre o comunque avrebbe dovuto essere avvertito della facoltà di non rispondere. La pena è della reclusione fino a 4 anni. Competente è il Tribunale Monocratico, si procede d’ufficio, arresto facoltativo, fermo non consentito.
​
​
FALSE DICHIARAZIONI AL DIFENSORE (art. 371ter c.p.)
Ne risponde chiunque, richiesto dal difensore, o dai soggetti legittimati, di riferire circostanze utili ai fini dell’indagine, non avvalendosi della facoltà di non rispondere, renda dichiarazioni false. L’oggetto giuridico è l’interesse pubblico al corretto svolgimento della funzione giudiziaria, nella ricerca della verità processuale.
Quanto alla condotta si traduce nel rendere dichiarazioni false, l’eventuale procedimento resta sospeso fino a quando non sia stata pronunciata sentenza di primo grado, ovvero sia stato definito con procedimento di archiviazione o di non luogo a procedere.
Il reato è punibile a titolo di dolo generico, consistente nella coscienza e volontà di rendere falsa dichiarazione a prescindere dalla finalità perseguita la pena è della reclusione fino a 4 anni.
​
​
FALSA TESTIMONIANZA (art. 372 c.p.)
E’ punito chiunque, deponendo come testimone innanzi all’Autorità Giudiziaria, afferma il falso o nega il vero, ovvero tace, in tutto o in parte, ciò che sa intorno ai fatti per cui è interrogato. L’interesse tutelato è il normale svolgimento dell’attività giudiziaria, le condotte possono consistere nell’affermare il falso, nel negare il vero o nel tacere intorno ai fatti su cui si è interrogati. Il presupposto del reato è che il soggetto rivesta la qualità di teste e deponga innanzi all’Autorità Giudiziaria.
Il delitto si consuma appena il teste ha concluso la sua deposizione, trattandosi di delitto di pericolo ed istantaneo, non è previsto il tentativo, la valutazione della pertinenza e sulla rilevanza della deposizione va effettuata con riferimento alla situazione processuale esistente nel momento in cui il reato è consumato. Il dolo richiesto è generico, consiste nella volontà e coscienza di affermare il falso o negare il vero oppure tacere, in ciò che si sa, sono irrilevanti i fini avuti di mira dall’agente, il dolo è escluso dall’errore o dalla dimenticanza.
Il delitto è aggravato se dal fatto deriva una condanna alla reclusione non superiore a 5 anni (reclusione da 3 a 8 anni), una condanna superiore a 5 anni (da 4 a 12 anni) o all’ergastolo (da 6 a 20 anni), in tutti e tre i casi la condanna deve derivare da una sentenza passata in giudicato e fondata sulla falsa testimonianza. La pena è della reclusione da 2 a 6 anni. Competente è il Tribunale monocratico, si procede d’ufficio, arresto facoltativo, fermo non consentiti.
​
​
LA RITRATTAZIONE (art. 376 c.p.)
Nei casi di false informazioni al P.M., al difensore, false testimonianza e false perizia e interpretazione, il colpevole non è punibile se nel procedimento penale in cui ha prestato il suo ufficio, ritratta il falso e manifesta il vero non oltre la chiusura del dibattimento. Qualora la falsità sia commessa in una causa civile, il colpevole non è punibile se ritratta il falso e manifesta il vero, prima che sulla domanda giudiziale sia pronunciata sentenza definitiva, anche se non irrevocabile.
​
​
INTRALCIO ALLA GIUSTIZIA (art. 377 c.p.)
Ne risponde chiunque offre o promette denaro o altra utilità, alla persona chiamata a rendere dichiarazioni davanti all’Autorità Giudiziaria, ovvero alla persona richiesta di rilasciare dichiarazioni dal difensore, nel corso dell’attività investigativa, o alla persona chiamata a svolgere attività di perito, consulente tecnico o interprete, per indurla a commettere reato ex artt. 371bis, 371ter, 372, 373 c.p., qualora l’offerta o la promessa non sia accettata. La stessa si applica quando sia accettata, ma la falsità non sia commessa. L’elemento materiale del delitto, consiste nell’induzione a rendere davanti all’Autorità Giudiziaria dichiarazioni difformi non dalla realtà dei fatti, ma da quanto a conoscenza del dichiarante. E’ sanzionato penalmente chi usa minaccia o violenza, per il perseguimento di tali finalità, nel caso in cui non vengano conseguite. L’elemento soggettivo prevede che sia un delitto punibile a titolo di dolo specifico, richiedendo la norma non solo la coscienza e volontà dell’offerta, ma anche che il reo perseguita le finalità in essa indicate. Il momento consumativo, essendo un reato di pericolo, si verifica con la semplice offerta o promessa di denaro, ovvero con il mero impego di violenza o minaccia.
Per l’intralcio alla giustizia commesso mediante offerta o promessa di denaro, è prevista la reclusione fino a 4 anni, la pena è ridotta dalla metà a due terzi nei casi in cui l’offerta non sia accettata o seppur accettata, non conduca alla falsità. Competente è il Tribunale Monocratico, si procede d’ufficio, arresto e fermo non consentito.
​
FAVOREGGIAMENTO PERSONALE (artt. 378 e 384 comma 1 c.p.)
Ne risponde chiunque, dopo che fu commesso un reato e fuori dai casi di concorso nel medesimo, aiuta taluno ad eludere le investigazione dell’Autorità o a sottrarsi alle ricerche di questa. Tale disposizione si applica anche quando la persona aiutata non è imputabile o risulta che non ha commesso delitto, oggetto della tutela penale è l’interesse dell’Amministrazione della giustizia, al regolare svolgimento del processo penale, turbato da fatti che mirano ad ostacolare l’attività diretta all’accertamento e repressione dei reati.
Il favoreggiamento personale presuppone che sia stato commesso un reato e l’agente non vi abbia partecipato, non vi è favoreggiamento ma concorso, nel caso in cui il favoreggiamento sia intervenuto prima che il reato fosse commesso, quando l’attività del favoreggiatore sia concomitante, concertata o promessa prima della commissione del reato, quando il favoreggiatore con la sua azione, abbia continuato il reato presupposto, portandolo a conseguenze ulteriori.
Secondo la dottrina dominante, l’aiuto è qualsiasi atteggiamento, positivo o negativo, che miri ad intralciare, rallentare o rendere vana l’opera di investigazione dell’Autorità. E’ stato ritenuto responsabile di favoreggiamento, chi abbia reso false dichiarazioni alla P.G. in sede di sommarie per sviarla, chi abbia creato un falso alibi all’imputato, oppure abbia convalidato il falso alibi dell’imputato, il medico, il quale autodeterminandosi a prestare assistenza sanitaria in favore di latitante, assuma cautele atte a preservare lo stato di latitanza dello stesso. Il delitto si consuma nel momento in cui viene prestato l’aiuto, è configurabile il tentativo e non è necessario che il risultato auspicato sia conseguito, viene punito anche chi agisce per pietà.
Il dolo previsto è generico e consiste nella coscienza e volontà di prestare aiuto, con la consapevolezza che il soggetto aiutato è o può essere sospettato di aver commesso un reato e che l’aiuto può sviare le indagini.
La pena è con la reclusione fino a 4 anni, se il reato antecedente è punito con reclusione o ergastolo, con multa se punito con multa o contravvenzione. Competente è il Tribunale Monocratico, si procede d’ufficio, arresto facoltativo, fermo non consentito.
Ai sensi dell'art. 384 comma 1 c.p., non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare se o un prossimo congiunto, da un grave ed inevitabile nocumento per la libertà e l’onore, è previsto per omessa denuncia di reato da parte del P.U (art. 361 c.p.)., incaricato di pubblico servizio (art. 362 c.p.), privato cittadino (art. 364 c.p.), omessa denuncia aggravata (art. 363 c.p.), omissione di referto (art. 365 c.p.), rifiuto di uffici legalmente dovuti (art. 366 c.p.), autocalunnia (art. 369 c.p.), false informazioni a P.M. (art. 371bis c.p.), falsa testimonianza (art. 372 c.p.), falsa perizia o interpretazione (art. 373 c.p.), frode processuale (art. 374 c.p.), favoreggiamento personale (art. 378 c.p.).
​
FAVOREGGIAMENTO REALE (art. 379 c.p.)
Ne risponde, chiunque fuori dai casi di concorso di reato e fuori dal caso della ricettazione, aiuta taluno ad assicurare il prodotto (sono tutte le cose che siano derivate all’agente dal reato), il profitto (è qualsiasi vantaggio derivante dal reato) o il prezzo (qualsiasi ricompensa o controprestazione per il reato commesso) di un reato.
Oggetto della tutela è l’interesse generale dello Stato di impedire che sia prestata a delinquenti una collaborazione destinata a fare diventare definitivi, vantaggi da essi conseguiti con azioni criminose. I presupposti sono i medesimi del favoreggiamento personale, per la configurabilità è necessario che l’aiuto venga prestato nell’interesse esclusivo dell’autore del reato principale, se esso venga invece prestato o offerto, per una finalità di profitto, ricorre l’ipotesi di concorso. Per la consumazione basta l’aiuto stesso, che può avere anche carattere omissivo, non occorre che il favoreggiato abbia ottenuto il suo scopo.
Il dolo è generico, non si applica il primo comma dell'art. 384 c.p., se il reato antecedente è un delitto, la pena è la reclusione fino a 5 anni, se è una contravvenzione la pena è una multa. Competente è il Tribunale Monocratico, si procede d’ufficio, arresto facoltativo, fermo non consentito.