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6. Cause oggettive di esclusione del reato

CAUSE OGGETTIVE DI ESCLUSIONE DEL REATO

Denominate comunemente, cause di giustificazione, cause di liceità, scriminanti o esimenti, sono circostanze particolari, in presenza delle quali un fatto, che di regola costituisce reato, non è considerato tale, in quanto è la legge stessa che lo autorizza.

Si distinguono:

  • Cause di giustificazione: rendono il fatto lecito ab origine.

  • Scusanti: incidono sull’elemento soggettivo, facendo venir meno la colpevolezza.

  • Cause di non punibilità: pur in presenza di un fatto antigiuridico, per motivi di opportunità il legislatore preferisce non applicare la pena.

 

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IL CONSENSO DELL’AVENTE DIRITTO

E' una causa di giustificazione prevista dall’art. 50 c.p.: “Non è punibile chi lede o pone in pericolo un diritto, col consenso della persona che può validamente disporne”.

Oggetto del consenso deve essere un diritto disponibile, non censito dal codice penale, ma stabilito dalla dottrina dominante, nel senso che sono diritti indisponibili i diritti tutelati in quanto appartenenti alla collettività, come gli interessi dello Stato-amministrazione, gli interessi che fanno capo allo Stato-comunità e il bene della pubblica fede. Mentre diritti disponibili sono i diritti patrimoniali, alcuni diritti inerenti alla personalità morale, alcuni diritti di libertà e alcuni diritti relativi alla persona fisica.

Secondo la dottrina, il consenso andrebbe qualificato come atto giuridico in senso stretto, ovvero come un permesso col quale si attribuisce al destinatario un potere di agire che non crea alcun vincolo a carico dell’avente diritto e non trasferisce alcun diritto in capo all’agente. Legittimato a prestare il consenso è il titolare dell’interesse protetto, il quale ne deve avere la capacità e lo deve fare in modo libero, non viziato da errore, violenza o dolo.

Il consenso deve essere lecito, non contrario a norme imperative, all’ordine pubblico e al buon costume e deve essere attuale, cioè deve esistere al momento del fatto.

Si ha consenso putativo, quando colui che agisce, ritiene esistente il consenso della persona titolare del diritto, si ha consenso presunto, quando chi agisce sa che non vi è il consenso, ma compie ugualmente l’azione perché appare vantaggiosa per l’avente diritto.

 

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L’ESERCIZIO DEL DIRITTO

Sancito dall'art. 51 c.p.: "L'esercizio di un diritto o l'adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica autorità, esclude la punibilità".

Non può quindi essere punito chi nell'esercizio di un diritto, compia atti o fatti che integrino una fattispecie preveduta dalla legge come reato. Il diritto deve essere esercitato dal suo titolare, ma la titolarità di un diritto, non rende automaticamente lecita ogni azione o modo di esercizio di esso, occorre anche che la condotta sia espressamente prevista e permessa dalla stessa norma che riconosce il diritto.

Un caso particolare dell’esercizio del diritto, è il diritto di cronaca, che rientra nella sfera della libertà di pensiero e di stampa (art. 21 Cost.) ma che deve essere fondato su tre principi fondamentali: l’utilità sociale dell’informazione, la verità dei fatti esposti e la forma civile dell’espressione dei fatti.

Per quanto riguarda invece il diritto di critica, i principi fondamentale sono la correttezza del linguaggio e il rispetto degli altrui diritti.

Rientrano nella sfera dell’esercizio del diritto la disciplina familiare e la difesa della proprietà.

 

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L’ADEMPIMENTO DEL DOVERE

L’adempimento di un dovere (sancito anch'esso dall'art. 51 c.p.), imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica autorità, esclude la punibilità.

Se un fatto costituente reato è commesso per ordine dell’autorità, del reato risponde sempre il pubblico ufficiale che ha dato l’ordine. Risponde del reato chi ha eseguito l’ordine, salvo che per errore di fatto abbia ritenuto di obbedire ad un ordine legittimo. Non è punibile chi esegue l’ordine illegittimo, quando la legge non gli consente alcun sindacato sulla legittimità dell’ordine.

Il dovere può scaturire da una norma giuridica, ovvero qualsiasi regola di diritto, scritta o consuetudinaria, o da un ordine dell’Autorità, ovvero qualsiasi manifestazione di volontà che un superiore rivolge ad un inferiore gerarchico, affinché questi tenga un determinato comportamento.

Per la legittimità di tale ordine è richiesto che:

  • il superiore abbia la competenza ad emetterlo;

  • l’inferiore abbia competenza ad eseguirlo;

  • siano state rispettate le procedure e le formalità di legge previste per la sue emissione.

Se l’ordine è illegittimo, la responsabilità ricade sul pubblico ufficiale che lo ha impartito.

L’esecutore dell’ordine ne risponde insieme col pubblico ufficiale tranne quando per errore sul fatto abbia ritenuto di obbedire ad un ordine legittimo e quando la legge non gli consente alcun sindacato sulla legittimità dell’ordine.

Nel caso in cui vi sia conflittualità di ordini, nel caso di contrordine, se è emanato dalla stessa autorità sostituisce il precedente ordine, se l’autorità è diversa, bisogna vedere se il destinatario è in grado di accertare quale tra gli organi prevalga, in caso contrario saranno utilizzate le norme sull’errore.

Nel caso in cui gli ordine provengano da diverse autorità, il destinatario è autorizzato ad esame, in seguito al quale presterà obbedienza all’autorità competente nel caso concreto.

Nell’adempimento del dovere si collocano le c.d. operazioni sotto copertura di Polizia Giudiziaria.

 

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LA LEGITTIMA DIFESA

A norma dell'art. 52 c.p., non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui, contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa.

Gli elementi della legittima difesa sono l’aggressione e la reazione.

L’aggressione deve presentare i seguenti caratteri:

  • L’oggetto dell’offesa deve essere un diritto, sia personale, che patrimoniale o morale.

  • L’offesa deve essere ingiusta, ovvero no imposta o autorizzata dall’ordinamento giuridico.

  • Il pericolo deve essere attuale, inteso sia come incombente che perdurante.

  • Il pericolo non deve esser stato determinato volontariamente dall’agente, il quale si sia messo volontariamente in una situazione di pericolo, conoscendo il rischio a cui andava incontro

La reazione consta di tre elementi:

  • La costrizione, che implica un conflitto di interessi nell’aggredito, il quale deve trovarsi nell’alternativa bloccata di reagire o di essere offeso, non ricorre quando lo stesso ha intenzionalmente provocato o ha consapevolmente accettato e non ha evitato il pericolo.

  • La necessità di difendersi, ovvero la soluzione inevitabile per sottrarsi all’offesa e sia idonea a neutralizzarla.

  • La proporzione con l’offesa, che sussiste ove il male provocato dall’aggredito risulti essere inferiore, uguale o leggermente superiore a quello subito, determinato rapporto di proporzione, si ha nel caso in cui non vi sia desistenza e vi sia concreto pericolo, all’interno del domicilio dell’aggredito o del posto di lavoro

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USO LEGITTIMO DELLE ARMI

A norma dell'art. 53 c.p., non è punibile il pubblico ufficiale che al fine di adempiere un dovere del proprio ufficio, fa uso ovvero ordina di far uso delle armi o di un altro mezzo di coazione fisica, quando vi è costretto dalla necessità di respingere una violenza o di vincere una resistenza all’Autorità e comunque di impedire la consumazione di strage, di naufragio, sommersione, disastro aviatorio, omicidio volontario, rapina a mano armata e sequestro di persona.

La stessa disposizione si applica a qualsiasi persona che legalmente richiesta dal pubblico ufficiale, gli presti assistenza.

Definita esimente propria, la prima condizione per essere richiesta è che il soggetto sia determinato dal fine di adempiere un dovere del proprio ufficio, nel senso che l’uso delle armi deve essere diretto ad eliminare un ostacolo che si è frapposto fra lui e il dovere da adempiere.

La necessità di respingere una violenza (ossia qualsiasi impiego di forza fisica posta in essere nei confronti del pubblico ufficiale) o di vincere una resistenza (resistenza attiva: effettiva opposizione; resistenza passiva: inerzia o fuga), o impedire atroci delitti, configurano comunque l’utilizzo delle armi come extrema ratio, ovvero quando il fine non può raggiungersi in altro modo.

Altri casi di uso legittimo delle armi sono:

  • L’uso di armi da parte della forza pubblica per l’esecuzione di provvedimenti di pubblica sicurezza, quando gli interessati non vi ottemperino.

  • L’uso di armi da parte di agenti di Polizia per impedire i passaggi abusivi delle frontiere dello Stato o per arrestare contrabbandieri.

  • L’uso di armi per impedire evasione di detenuti e violenze tra gli stessi.

 

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LO STATO DI NECESSITA’

A norma dell'art. 54 c.p., non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare se o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, ne altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionale al pericolo.

Gli elementi dello stato di necessità sono:

  • La situazione di pericolo: il pericolo deve essere attuale, l’oggetto del pericolo deve essere un danno grave alla persona, sia fisico che morale, ovvero la violazione dei diritti dell’individuo, costituzionalmente garantiti, l’agente non ha causato il pericolo e non abbia un particolare dovere ad esporsi ad esso.

  • Azione lesiva necessitata: l’azione lesiva di chi reagisce al pericolo deve essere costretta, assolutamente necessaria per salvarsi e proporzionale al pericolo.

L’art. 54 c.p. legittima la reazione oltre che per salvare un proprio diritto, anche per salvare un diritto altrui, è questo il soccorso di necessità, che si distingue dall’obbligo di soccorso, in quanto non è un obbligo, ma una facoltà e perché impone che la situazione di pericolo sia incombente.

Una scriminante è anche il costringimento psichico, di cui risponderà dal fatto commesso dalla persona minacciata, chi l’ha costretto a farlo.

 

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ECCESSO COLPOSO NELLE CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE

Si configura ogni qualvolta esistono i presupposti di fatto della causa di giustificazione, ma il soggetto ne travalica i limiti.

Nell’esercizio del diritto o adempimento del dovere, per aversi l’eccesso, occorre che l’attività sia iniziata nell’esercizio di un diritto o adempimento del dovere e che si siano superati, per colpa, i limiti posti dalla legge o dall’ordine.

Nella legittima difesa, occorre il superamento colposo dei limiti imposti dalla necessità di difesa.

Nello stato di necessità e uso legittimo delle armi, occorre il superamento, per colpa, dei limiti stabiliti dalla legge.

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