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4. Capacità di agire

LA CAPACITA’ DI AGIRE

E’ l’idoneità del soggetto ad acquistare ed esercitare da solo, con il proprio volere, situazioni giuridiche attive e ad assumere situazioni giuridiche passive. Si acquista con il conseguimento dell’attitudine a curare da se i propri affari e interessi; il raggiungimento di tale maturità è fissato dal nostro legislatore al compimento del diciottesimo anno d’età, età in cui si presume che l’individuo possa consapevolmente curare i propri interessi e sia in grado di valutare la portata degli atti da porre in essere, abbia cioè conseguito pienamente la capacità di intendere e volere. Per riconoscere un figlio sono sufficienti 16 anni, il Tribunale può autorizzare il matrimonio a 16 anni, la capacità lavorativa si acquista al termine del periodo di istruzione obbligatoria, per adottare un maggiorenne bisogna avere almeno 35 anni. La capacità di agire si conserva fino alla morte; nei casi in cui l’idoneità del soggetto viene meno, anche la capacità di agire subisce la stessa sorte che è pertanto limitata o esclusa anche dopo il compimento dei 18 anni. Con l’acquisto della capacità giuridica, l’uomo diventa titolare di un’astratta qualità di potenziale destinatario delle norme giuridiche, mentre con l’acquisto della capacità di agire, esso diventa in concreto l’autore e l’autonomo protagonista dell’esperienza giuridica.

EMANCIPAZIONE DEL MINORE PER IL MATRIMONIO

Si parla di emancipazione per indicare lo status di limitata capacità di agire di cui può essere titolare il minore prima del compimento del diciottesimo anno d’età qualora, avendo compiuto i 16 anni, sia stato ammesso a contrarre il matrimonio. Gli effetti dell’emancipazione sono la cessazione della potestà genitoriale e l’acquisto di una limitata capacità di agire, circoscritta dalla legge agli atti non eccedenti l’ordinaria amministrazione.

L’INABILITAZIONE

E’ la situazione giuridica conseguente a particolari condizioni psico-fisiche del soggetto che lo pongono in condizione di parziale incapacità (la stessa in cui versa il minore emancipato) e si ha nei casi di:

  • infermità abituale ed attuale di mente non grave da cui sia affetto il maggiore di età, cioè infermità non tale da giustificare l’interdizione; 

  • prodigalità, ovvero l’abitudine di spendere in modo disordinato e smisurato in relazione alle condizioni economiche del soggetto o abuso di bevande alcoliche o sostanze stupefacenti;

  • nei casi di alcune imperfezioni o menomazioni fisiche, come la cecità o la sordità dalla nascita.

Dal provvedimento di inabilitazione che può essere richiesto anche dall’inabilitato deriva una incapacità parziale di agire. L’inabilitato conserva un margine di capacità di agire, lo stesso può compiere da solo gli atti di ordinaria amministrazione, può compiere atti personali come il matrimonio, mentre per gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione è necessaria l’autorizzazione del giudice tutelare e il consenso del curatore, può inoltre essere autorizzato all’esercizio di un’impresa commerciale a condizione che si tratti di continuazione di un’attività già intrapresa.


INCAPACITA’ TOTALE DI AGIRE: LA MINORE ETA’

La minore età da luogo ad una figura di incapacità legale assoluta, nel senso che esclude ogni attitudine del soggetto al compimento di quegli atti per i quali la legge richiede la capacità di agire. Il minore è invece abilitato al compimento di quegli atti per i quali la legge ritiene sufficiente il conseguimento di una seppur minima capacità di intendere e volere, quindi non può compiere gli atti di natura negoziale, ne può stare in giudizio, può però compiere gli atti giuridici in senso stretto, risponde delle conseguenze dell’atto illecito purchè quando commesso era nella condizione di intendere e volere. La dottrina ha elaborato il concetto di atti minuti di vita quotidiana, con riferimento a quegli atti che pur essendo considerati negozi giuridici non richiedono la generale capacità di agire, ma in considerazione della loro quotidianità presuppongono in chi li compie la capacità di comprendere e valutarne il significato.

L’INTERDIZIONE GIUDIZIALE

Si ha quando colui che si trova affetto da abituale infermità di mente, è dichiarato con sentenza incapace di provvedere ai propri interessi, ed è necessaria una vera e propria alterazione delle facoltà mentali. Con la L. n.6/2004 non è più obbligatoria ma disposta solo qualora ciò si riveli necessario ai fini dell’adeguata protezione dell’incapace. Il giudice competente è il Tribunale, l’iniziativa del procedimento spetta all’interessato medesimo, alle persone che sono in rapporto di coniugio, di stabile convivenza e parentela fino al quarto grado e affinità fino al secondo grado. Dalla sentenza di interdizione deriva l’incapacità totale di porre in essere, da parte dell’interdetto, negozi patrimoniali e familiari; comunque tale principio non è inderogabile in quanto il giudice nella sentenza può dispensare l’incapace dall’intervento o dall’assistenza del tutore per il compimento di taluni atti di ordinaria amministrazione. Sulla base della sentenza di interdizione, il giudice nomina con decreto il tutore definitivo e tutti gli atti giuridici compiuti dall’interdetto dopo il provvedimento sono annullabili su istanza del curatore o degli eredi. L’interdizione può essere revocata quando viene a mancare totalmente l’incapacità e può tramutarsi in inabilità.

L’INTERDIZIONE LEGALE

E’ quella prevista dalla legge come pena accessoria per effetto della condanna all’ergastolo o alla reclusione non inferiore a 5 anni per reato doloso. La differenza tra le interdizioni sta nel fatto che quella legale non rappresenta una forma di protezione ma è una pena: l’annullabilità degli atti compiuti dall’interdetto legale è assoluta, mentre quella degli atti compiuti dall’interdetto giudiziale è relativa, l’interdetto legale può fare testamento ed è limitata agli atti di natura patrimoniale. Accanto all’interdizione legale, la legge ha previsto altre figure di pene accessorie, l’interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese e l’incapacità di contrattare con la P.A.


 

INCAPACITA’ NATURALE O DI FATTO

L’incapacità naturale è l’incapacità di intendere e di volere dovuta a qualsiasi causa anche transitoria e consiste nell’effettiva reale inettitudine psichica in cui viene a trovarsi un soggetto, normalmente capace nel momento in cui compie un determinato atto (ad esempio, infermità di mente, sonnambulismo, suggestione ipnotica, delirio febbrile). Secondo la giurisprudenza è necessario che le facoltà intellettive e volitive del soggetto siano, a causa della malattia, perturbate al punto di impedirgli una seria valutazione del contenuto e degli effetti del negozio. L'atto posto in essere dall’incapace è sempre annullabile ma essendo l’incapacità naturale uno stato dell’individuo non preventivamente accertato mediante sentenza, si pone il problema di tutelare la persona che in buona fede ha contrattato con l’incapace naturale. Per gli atti unilaterali, l’annullabilità è ammessa in tutti i casi in cui dall’atto possa derivare un grave pregiudizio per colui che ha contrattato in stato di incapacità naturale, per i contratti l’annullabilità è ammessa solo quando sussiste la malafede dell’altro contraente.

LA POTESTA’ DEI GENITORI

Consiste nel potere-dovere, spettante ai genitori, di proteggere, educare, istruire i figli minorenni non emancipati e di curarne gli interessi patrimoniali. E’ esercitata dai genitori di comune accordo e in caso di contrasto su questioni di particolare importanza, ciascuno dei genitori può ricorrere al giudice, presso il Tribunale dei minorenni. Il contenuto della potestà genitoriale è di natura personale e comprende il dovere dei genitori di proteggere la sicurezza, la salute e la moralità del minore, di natura patrimoniale e comprende la rappresentanza legale del minore, l’amministrazione dei suoi beni, l’usufrutto legale dei suoi beni. La potestà comune dei genitori non cessa quando a seguito di separazione, di scioglimento, di annullamento del matrimonio, il minore venga affidato ad uno dei genitori. L'art. 323 c.c. elenca una serie di atti assolutamente vietati ai genitori che non possono rendersi acquirenti di beni e diritti del minore e non possono diventare cessionari di alcuna ragione o credito verso il minore stesso.

LA TUTELA

Ai minori, cui i genitori siano morti o per altre cause non siano in grado di esercitare la potestà sui loro figli, nonché agli interdetti giudiziali o legali, deve essere immediatamente nominato un tutore. La tutela può essere:

  • volontaria, quando la destinazione della tutela è compiuta dallo stesso genitore; 

  • legittima, quando mancando la designazione la tutela è affidata ai parenti prossimi o affini del minore; 

  • dativa, quando mancando la designazione la tutela è affidata ad altre persone, non parenti, scelte dal giudice tutelare; 

  • assistenziale, quando è affidata ad un ente di assistenza.

Il giudice tutelare dispone anche la figura del protutore che rappresenta il minore quando l’interesse di costui sia in contrasto con l’interesse del tutore e compie, quando viene a mancare il tutore, gli atti conservativi e urgenti di amministrazione e promuove la nomina di un nuovo tutore. Il tutore compie da solo gli atti di ordinaria amministrazione del patrimonio e necessari per il mantenimento del pupillo, gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione li compie solo con autorizzazione del giudice tutelare.

LA CURATELA

La volontà dell’inabilitato e del minore emancipato viene integrata dall’intervento di un curatore. La curatela si distingue dalla tutela perché il curatore non ha funzioni di rappresentanza ma di assistenza, non sostituisce ma integra la volontà dell’emancipato e dell’inabilitato, inoltre il curatore cura solo interessi di natura patrimoniale e la sua attività viene in rilievo solo per alcuni atti.


 

L’AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO

Colui il quale sia incapace di provvedere ai propri interessi a causa di infermità anche parziale o temporanea, ovvero di menomazione fisica o psichica, può ricorrere al giudice tutelare affinchè nomini con decreto un'amministrazione di sostegno, che ha la finalità di offrire, a chi si trovi nell’impossibilità di provvedere ai propri interessi, uno strumento che ne sacrifichi nella minor misura possibile la capacità di agire. A differenza dell’interdetto, il beneficiario dell’amministrazione di sostegno conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la necessaria rappresentanza o l’assistenza dell’amministrazione di sostegno.

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